Tanti auguri, Bêtise

L’ultima ondata l’abbiamo subita giusto ieri alla notizia che, nel 1961, un incidente aereo avrebbe potuto portare all’esplosione di una bomba atomica nel bel mezzo degli Stati Uniti. Per giornali e tv sarebbe stata «l’apocalisse» - per alcuni, «un olocausto» - e «solo il caso», ovvero il mancato funzionamento di un interruttore, ha evitato «l’immane carneficina». Tutti sono corsi a rievocare il film “Dottor Stranamore” e la sua nera satira nucleare; la pellicola, nella bocca di qualche redattore Rai, è diventata «un film de Stenli Gubbric», dovendosi intendere, lì dentro, il nome del regista Stanley Kubrick.

A cento anni dalla redazione della sua “Enciclopedia dell’imbecillità”, nota anche come “Dizionario dei luoghi comuni”, ma nell’originale intitolata semplicemente “Bêtise”, Gustave Flaubert avrebbe di che compiacersi: la stupidità umana non conosce bassa marea.

Concepita quale appendice al romanzo - rimasto incompiuto - “Bouvard e Pécuchet”, la Bêtise è ancora oggi un potente antidoto contro l’imbecillità quotidiana, contro il pensiero consegnato all’abitudine, al conformismo, al perbenismo intellettuale.

Tutt’altro che superata, l’Enciclopedia di Flaubert andrebbe anzi ampliata a includere le definizioni di “arsenale” (per i giornali sempre “vero e proprio”), di “ordigno” (“micidiale”), di appello (inevitabilmente “accorato”), di “frange” (ovviamente “estreme”) di situazione (costantemente “a rischio”) e di mille altre piccole e grandi intossicazioni verbali.

Sarebbe inoltre utile ripassare l’originale e imprimersi nella mente quelle irresistibili chicche di stupidità raccolte da Flaubert, ritratto di un’epoca e della sua gente.

“Epoca”, per inciso, secondo la Bêtise è quella cosa contro la quale bisogna «inveire» e «definirla “di transizione, di decadenza”». Soprattutto, occorre lamentarsene perché «manca di poesia». Ricordando che “Poeta”, nella Bêtise, è «sinonimo di scemo».

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