Mentre Obama cerca di evitare che armi automatiche possano finire nelle mani dei lunatici privati (e Trump, forse in qualità di rappresentante della categoria, vorrebbe impedirglielo), un lunatico di Stato, a quanto pare, è riuscito a procurarsi la bomba all’idrogeno. A Kim Jong-un va, incontestabile, il record del botto di Capodanno più inquietante. Alla faccia delle ordinanze dei sindaci.
Naturalmente, gli analisti si sono già scatenati nel ridefinire gli equilibri, o la mancanza dei medesimi, nello scacchiere asiatico. La bomba nordcoreana introduce nuovi elementi, e non certo rassicuranti, nel rapporto di vicinanza e – relativa – amicizia tra il recluso Paese asiatico e la Cina. Le coste giapponesi, inoltre, sono spaventosamente prossime e, insomma, potrebbe succedere tutto e il contrario di tutto.
Preso atto di ciò, veniamo a ciò che realmente conta, alla verità umana dietro a quella politica: Kim Jong-un, erede sovrappeso di una lunga schiatta di insicuri, ha voluto dimostrare che lui ce l’ha più grosso. Il petardo.
Non si tratta, nella sua posizione, di difendere le ultime possibilità di successo di un’ideologia che, per quanto disastrosa, poteva tempo fa ancora alimentare qualche speranza, o illusione, nei popoli. Non c’è nessuna spinta ideale, anche se distorta. No: la bomba all’idrogeno di Pyongyang serve a tenere gli intrusi fuori dal cortile privato di Kim Jong-un e, in generale, il futuro lontano da quella povera terra disgraziata. Serve solo a una casta, ristrettissima, disposta a tutto pur di restare ammollo nella unica Jacuzzi nella nazione: anche a minacciare il mondo con la bomba atomica. D’altra parte, tutto ciò che oggi assomiglia a una “rivoluzione” è un meccanismo destinato a fare il gioco di pochi, che si manovri la religione o, nel caso di Kim, una copia malridotta del Capitale. Che tristezza: bombe, mitra e petardi per spaventare ciò che resta della ragione. La fede nell’uomo, per sopravvivere, dovrà mettersi i tappi nelle orecchie
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