Televisione nostra

Ha fatto scandalo la partecipazione di alcuni membri del cosiddetto “clan” Casamonica alla trasmissione di Bruno Vespa “Cosca a Cosca”, pardon: “Porta a Porta”. Il problema, secondo gli indignati di turno, sarebbe l’impiego improprio, per non dire vergognoso, delle risorse della Rai: invece di fare delle belle trasmissioni culturali o di informazione approfondita, si invitano personaggi colpevoli - se non altro - di cattivo gusto e si porge loro, con tutte le reverenze, il microfono del servizio pubblico.

Vedo il problema ma non posso evitare di sottolineare come la criminalità organizzata - ammesso e non concesso che, legalmente, le persone invitate al programma avessero qualcosa a che farci - abbia sempre esercitato un intenso fascino sul pubblico. Pensiamoci: tutto ha preso le mosse dal fatto che al funerale del “capoclan” è stata eseguita la musica composta da Nino Rota per “Il Padrino”. Il film - anzi, la saga - diretta da Francis Ford Coppola è sempre stata amata dalle cosche (John Gotti, il “Teflon Don”, era un fan particolarmente accanito) ma soprattutto tra il grande pubblico, orripilato, ma in grande misura affascinato, dalle congiure delle “famiglie” mafiose.

Come non ricordare, poi, pellicole come “Goodfellas”, “Casino” e serie tv come i “Soprano” e “Gomorra”. In fondo certe figure hanno “abitato” a lungo gli schermi: Vespa non ha fatto altro, se lo ha fatto, che passare dalla fiction alla cronaca. Onestamente, oggi, che differenza c’è? I mafiosi, nonostante tutta la loro segretezza, sono talmente avvezzi allo show business che dovrebbero avere una tv tutta loro (“Tv Nostra”) con un palinsesto pensato per loro. Forse, come noi siamo affascinati dalla loro vita da fuorilegge, loro potrebbero esserlo della nostra da “dentrolegge”. Ecco dunque un reality in cui si osserva un impiegato versare le tasse, un pensionato fare la fila in Posta e un automobilista pagare la multa. Chissà che successo: stasera alle 20,30 il “Padre di Famiglia Atto I”.

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