Dilemmi di un povero scribacchino. Di che cosa parlare oggi? Della legge sulla legittima difesa che ci autorizza a sparare ai ladri di notte? O della resa alle molestie telefoniche da “call center”? O, ancora, della tentazione di sparare ai call center che chiamano di notte (o anche di giorno, se per questo)?
L'indecisione, si direbbe, ha deciso per me: l'argomento di oggi è tutto quanto indispone, preoccupa o addirittura spaventa il comune cittadino. Minacce che vanno dal call center al ladro, dal truffatore al rapinatore. Tutta robaccia che terrorizza o anche solo irrita ma alla quale ci sentiamo sempre più esposti, senza contare che l'invecchiamento della popolazione moltiplica i possibili “bersagli facili” di gente senza scrupoli.
Per la verità, l'argomento centrale sarebbe un altro ancora, ovvero l'impotenza della legge ad 'arginare – ma in ultima analisi anche solo a descrivere – questi fenomeni. Con ciò non intendo immergermi nel dibattito sulle armi o sull'autodifesa, sul margine – per alcuni ampio, per altri più ristretto - che si vorrebbe concedere all'uso legittimo delle armi da fuoco: così facendo illuderei me stesso sottintendendo che una legge può essere la soluzione del problema. Non essendo un politico, o un partigiano della politica, non ho interesse a raccontarmi frottole. Più o meno armi, più o meno restrizioni – fatte salve quelle sacrosante e indispensabili – non ribalteranno la situazione. Che va riconosciuta per quel che è: dalla compagina telefonica insistente, al ceffo che suona il campanello piazzando contratti ambigui, all'ente finanziario che gioca sulle clausole, giù giù fino al ladruncolo e al delinquente organizzato, siamo accerchiati da una mentalità predatoria che, atterrendoci, ci spinge dalla sua parte. Facciano allora la legge che vogliono e io sono il primo a rivendicare il diritto a difendere me stesso e i miei cari: purtroppo, però, al tentato furto della civiltà e del rispetto di se stessi non c'è revolver che possa opporsi.
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