Un mese fa era un tempo lontano. La Apple non aveva lanciato l’iPhone7 e non si discuteva di come non fare le Olimpiadi a Roma. L’Inter non aveva ancora battuto la Juventus e, per quel che ne sappiamo, Brad e Angelina andavano d’amore e d’accordo.
Chi si ricorda di tempi tanto remoti? Ma, soprattutto, che bisogno c’è di ricordarseli quando, come accade alle hompage e alle bacheche dei social, possiamo contare su un aggiornamento costante degli stimoli? Sulla polemica di cinque minuti fa già cade un conflitto nuovo che la fa scivolar più sotto, sulla bomba dell’altro giorno precipita l’attentato di oggi che ne cancella per sempre l’ultima eco. E così ogni giorno a ogni ora, a ogni secondo anzi, perché tutte le cose sono fatte per evolversi: nel telefonino aspettano, impazienti, dieci aggiornamenti delle app installate; la mattina, all’aprirsi del programma di mail, i messaggi nuovi si affastellano l’uno sull’altro liberi dal recinto che li ha tenuti segregati durante la notte.
Capirete come vittime e sopravvissuti di un terremoto, quello di Amatrice e dintorni, accaduto appunto un mese fa - la notte del 24 agosto - abbiano ben poche speranze di farsi notare, proprio oggi che su Netflix c’è la “release” di un film con Matthew McConaughey. Mancano d’attrattiva, quelle macerie, non gridano “novità” ai nostri occhi. Non ci inducono a scrivere “Je suis Amatricien” sulle bacheche, a velare le nostre facce sui social con la bandiera della Provincia di Rieti.
Per carità: in tanti, ovunque in Italia, ancora si danno da fare con la solidarietà, con i concerti e con le cene benefiche, con le raccolte di fondi e i progetti di sostegno, ma la massa critica dell’opinione pubblica, quel litigioso garbuglio che è insieme corpo e sistema nervoso della collettività, ha già girato le spalle.
A poco serve che i giornali e le tv si impegnino a ricordare la ricorrenza. Per la nostalgia, c’è già “Techetechetè”, che fa pure ridere di più.
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