Tieni duro, Mike

Tieni duro, Mike

Succede ogni giorno in milioni di uffici in tutto il mondo. Alcuni colleghi decidono di fare una colletta per giocare alla Lotteria e importunano gli altri perché partecipino con un contributo. I più accettano: se non altro, per quieto vivere. È brutto sentirsi definire spilorci, nonché privi di spirito, iniziativa, coraggio e ambizione. Qualche spicciolo val bene la calda sensazione di far parte del gruppo.
La scena si è ripetuta in un ufficio di New York. Una banda di tre colleghi sceglie a caso una schedina, decide di giocarla e mette in vendita le quote. In particolare, cercano di convincere un quarto collega - che chiameremo Mike - a entrare in società. «Forza, Mike, sgancia: non vuoi giocare con noi?» Risposta, cordiale ma ferma: «No». «Avanti, non fare il guastafeste. Tira fuori il portafoglio: che razza di amico sei?» Risposta, sempre ferma e sempre cordiale: «No, grazie». «Ma lo sai che sei un bel tipo? Andrai in rovina per quei pochi soldi! Forza, ultima occasione: unisciti a noi». Mike sorride, tentenna la testa e ribadisce: «No».
Lui sa che le Lotterie sono furti legalizzati. Sa che le possibilità di vincere sono infinitesimali, che il meccanismo di gioco favorisce in maniera scandalosa chi lo organizza. Sa che le Lotterie alimentano false speranze e spremono soldi ben altrimenti utili alle fasce sociali più bisognose. Sa tutto questo e si rifiuta di rendersi complice: per questo, tiene duro. E continuerà a farlo - ce lo auguriamo - anche quando verrà a sapere che i suoi tre colleghi - è accaduto davvero - hanno vinto 106 milioni di dollari a testa.

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