Top secret, quasi

Top secret, quasi

Ancora una volta i giornali sono pieni di articoli su "Wikileaks" e, ancora una volta, il sito annuncia la pubblicazione di un impressionante numero di documenti segreti. "Impressionante" è un aggettivo moscio: i documenti imbarazzanti sarebbero una valanga. Già in occasione delle rivelazioni su Iraq e Afghanistan, "Wikileaks" ci aveva abituato a camionate di roba: decine, addirittura centinaia di migliaia di protocolli "top secret". Oggi si parla di «oltre due milioni».
Ci troviamo, ne converrete, nell’iperspazio delle concezioni matematiche. Dire «due milioni di segreti», sotto un certo punto di vista, equivale a dire «nessun segreto». Meglio ancora, equivale a dire «tutto era segreto» e dunque «tutto sta per essere rivelato». Se è così, manca quel contrasto con la verità che fa di un segreto una bugia, ovvero un atto moralmente riprovevole. Vien da credere, di conseguenza, che i governi mentano in continuazione: per statuto, per logica, per necessità strutturale. Mentono come noi mentiamo cambiando faccia dal pubblico al privato. Mentono come noi mentiamo spolverando casa prima che arrivi un ospite: forse, avremmo lasciato la polvere dov’era, se non avessimo ricevuto visite; la spolverata, allora, diventa un atto formale in contrasto con il nostro autentico sentire. Una menzogna, appunto. Ma se, come la nostra messinscena quotidiana, le menzogne dei governi sono strutturali, sarebbero dunque altrettanto giustificabili. Sappiamo però che non è così: qualche volta i governi dicono la verità, così da poter mentire sul serio.

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