Pare che a breve ci saranno elezioni per una cosa chiamata Europa. Perdonate il tono indolente e sarcastico. Vale a descrivere una sensazione personale che, negli angusti confini della mia esperienza umana, potrebbe essere definita storica. Vado a spiegarmi.
Dal 1981, anno della mia maggiore età, esercito il diritto di voto. La prima chiamata al seggio avvenne non per le elezioni ma per un referendum. Anzi, per cinque referendum. Un pacchetto di schede su: 1) leggi speciali di ordine pubblico, 2) ergastolo, 3) porto d’armi 4) e 5) iniziative di opposta tendenza sull’interruzione di gravidanza. Non proprio questioni di scarso rilievo da sottoporre a un diciottenne. Votai dopo essermi interrogato e tormentato a lungo, con la ragione e con la coscienza e, a volte, con tutte e due le cose insieme. Votai, soprattutto, come se l’esito della consultazione dipendesse esclusivamente da me.
Da allora è stata tutta discesa. Confesso che elezione dopo elezione, dal 1981 a oggi ho un pochino rivisto la valutazione sulla mia oggettiva responsabilità nei confronti della partecipazione democratica. Non che abbia perduto stima nei confronti del concetto generale di democrazia: è solo che, partito su partito, lista su lista, faccia su faccia, la mia fiducia circa la caratura dei personaggi che si affollano ai blocchi di partenza elettorali è progressivamente scemata. Tuttavia, alla vigilia di ogni elezione, chiamato a portare a sintesi una sorta di bilancio morale, ho sempre trovato che la responsabilità prevaleva sul disamore o, se volete, che il senso di colpa era più acuto della tentazione di saltare l’appuntamento al seggio.
Ma ecco che quest’anno, per la prima volta dal 1981 a oggi, la sensazione si è ribaltata: ho l’impressione che farei più danno ad andare a votare che restando a casa, che sarei più moralmente responsabile dello sfascio votando che astenendomi. I candidati hanno ancora una decina di giorni per farmi ricredere. Ne sarei loro grato: riportandomi agli entusiasmi del 1981, mi regalerebbero un surplus di giovinezza.
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