Così, a quanto pare, nel giro di una settimana ci siamo liberati di due cattivoni. Anzi, di due cattivissimi: Totò Riina e Charles Manson. Dei due, il più feroce (se è permesso fare una classifica del genere, visto che di mezzo ci sono tante vite umane perdute) è stato probabilmente il primo: capace di una follia lucida, speculativa e manipolatrice. Il secondo è stato folle e manipolatore pure lui, per un certo periodo, ma la sua sinistra fama è dovuta soprattutto a una sorta di mito alimentato per anni da media, cinema e letteratura: il mostro in prigione, un Hannibal Lecter in carne e ossa, il cattivo del cinema liberatosi della pellicola, un demonio in bottiglia, per ora, ma chissà mai che possa fuggire.
In realtà, trattasi in entrambi i casi di psico-sociopatici. Pericolosissimi, certo, ma nient’altro che uomini. Lo dimostra, su tutto, il fatto che sono morti. A noi resta il problema di che fare della loro memoria. Dimenticarli, ammesso che sia possibile, sarebbe sbagliato: nulla di ciò che appartiene alla nostra Storia, anche i dettagli più meschini, meritano l’assoluto oblio. Ricordarli d’altra parte significa correre il rischio di consegnarli a una specie di distorta leggenda. L’ideale sarebbe poter usare i loro nomi come un trampolino mentale: ecco due cattivi che non possono più farci del male, preoccupiamoci adesso dei cattivi che possono farlo, e che ancora non conosciamo.
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