Voi non avete idea di quanto, nel redigere una rubrica quotidiana, uno possa sentirsi in obbligo di rivolgere ai lettori - nel mio caso, quei pochi che resistono - una parola di speranza se non proprio di sfolgorante ottimismo. Disgraziatamente, si scrive sotto l’influsso delle cose che accadono, del clima che prevale, degli stimoli che si ricevono e delle annotazioni che si raccolgono: in tutto questo, ahimè, non si trovano motivi di euforia.
Volete un esempio? Sono state pubblicate le conclusioni di una ricerca sulla depressione nel mondo. Se l’argomento già vi sembra, appunto, deprimente sappiate che non ho neppure incominciato a scoperchiare le magagne. Il finale sarà peggio.
In sé, la ricerca è piuttosto interessante. La mappa mondiale della depressione - intesa non come generico “spleen” ma come malattia diagnosticata e diagnosticabile - rivela che le zone più a rischio sono quelle dove si combatte: Medioriente, Nord Africa, Afghanistan. L’Europa risulta una zona a depressione medio-bassa, anche se con alcune zone dove l’allarme è più pressante, come in Olanda e in Svizzera. Spiegano i ricercatori che la ragione per cui questi Paesi risultano più depressi di quelli che li circondano potrebbe anche risiedere nel fatto che lassù la malattia è diagnosticata con particolare scrupolo e precisione. Un dato che trova conferma nei risultati provenienti dall’Estremo Oriente: l’intera area risulta pochissimo “depressa”, ma questo probabilmente a causa del tradizionale rifiuto culturale nei confronti della malattia mentale.
Un altro dato molto interessante riguarda la tendenza alla diffusione della depressione: purtroppo i ricercatori non hanno esitazioni nell’annunciare che, con l’aumento dell’età media sia nei maschi sia nelle femmine, la percentuale di popolazione depressa è in decisa crescita.
E qui arriviamo alla bigia considerazione finale. Se ci riflettete, infatti, la ricerca inquadra l’intera popolazione mondiale in tre gruppi: 1) chi è depresso, 2) chi è depresso ma non sa di esserlo, 3) chi non è ancora depresso ma lo diventerà.
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