«Il dramma di questi anni non è stata l'invadenza dei partiti ma la loro disgregazione, l'affacciarsi di un ceto politico improvvisato che ha visto nella politica anche una grande possibilità di arricchimento».
Lo ha detto ieri Massimo D’Alema e io l’ho ascoltato con attenzione. Non perché abbia una straordinaria stima nei confronti di D’Alema e neppure perché, al contrario, provi per lui un incontenibile disprezzo (a volte ci si sorprende ad ascoltare con la massima applicazione chi si detesta e a prestare solo mezzo orecchio a chi si ammira): l’ho ascoltato perché la sua affermazione tratteggia un parziale ma preciso affresco del quadro politico italiano.
Ci ammonisce D’Alema: avete eletto gente impreparata che si è candidata per arricchirsi. Molto meglio quando la politica la facevamo noi vecchie volpi. Questo fa pensare che, per noi, le scelte sono tre: 1) eleggere professionisti che, una volta nelle istituzioni, trattano e si accordano, occupano e bilanciano, togliendoci il peso di ogni responsabilità diretta; 2) puntare sulla novità, qualunque essa sia, confidando - contro ogni evidenza - che l’entusiasmo prevalga sull’opportunismo; 3) abbandonarsi alla corrente dell’antipolitica, la cui spinta, per la verità, sembra condurre a spiagge incerte e a volte surreali. Altro non c’è o non è ancora stato pensato e, forse, neppure è pensabile. Così va il mondo. Nessuno mai ha detto che è perfetto.
Lo ha detto ieri Massimo D’Alema e io l’ho ascoltato con attenzione. Non perché abbia una straordinaria stima nei confronti di D’Alema e neppure perché, al contrario, provi per lui un incontenibile disprezzo (a volte ci si sorprende ad ascoltare con la massima applicazione chi si detesta e a prestare solo mezzo orecchio a chi si ammira): l’ho ascoltato perché la sua affermazione tratteggia un parziale ma preciso affresco del quadro politico italiano.
Ci ammonisce D’Alema: avete eletto gente impreparata che si è candidata per arricchirsi. Molto meglio quando la politica la facevamo noi vecchie volpi. Questo fa pensare che, per noi, le scelte sono tre: 1) eleggere professionisti che, una volta nelle istituzioni, trattano e si accordano, occupano e bilanciano, togliendoci il peso di ogni responsabilità diretta; 2) puntare sulla novità, qualunque essa sia, confidando - contro ogni evidenza - che l’entusiasmo prevalga sull’opportunismo; 3) abbandonarsi alla corrente dell’antipolitica, la cui spinta, per la verità, sembra condurre a spiagge incerte e a volte surreali. Altro non c’è o non è ancora stato pensato e, forse, neppure è pensabile. Così va il mondo. Nessuno mai ha detto che è perfetto.
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