Treni del genere

Avendo parlato di trasporto pubblico ieri e accingendomi a farlo anche oggi, penserete che questa del trasporto pubblico sia, per me, un'ossessione. Ebbene, avete indovinato. A mia parziale difesa, posso dire soltanto che l'argomento mi interessa non solo come utente ma anche, in generale, come un essere umano che si fa domande e, accidenti, mai che riesca a trovare una risposta.

Di recente, ho letto un articolo dedicato alle «cinque città nel mondo dotate del miglior sistema di trasporto pubblico»: Seoul, Taipei, Portland, Monaco di Baviera e Londra. Di queste città, una è americana e due sono asiatiche e dunque le escluderei dal discorso perché troppo lontane, in fatto di cultura e struttura economica, dalla nostra realtà (anche se la descrizione del sistema di Seoul suona, alle mie orecchie, come una meravigliosa lirica: «La più estesa rete di metropolitana esistente, 508 chilometri per dodici linee che collegano 25 distretti») ma, insomma, due sono europee e l'Europa, così dicono, siamo noi e non si vede perché non si possa fare altrettanto. Anche i centri - Milano e Torino, credo - che più hanno investito in fatto di infrastrutture per il trasporto pubblico sono lontani da possedere quello che si può chiamare "sistema", ovvero un elemento che diventa tale solo quando il cittadino "sente" di avere a disposizione qualcosa che, in qualunque momento, può condurlo a destinazione e non gli importa di doverlo condividere con altri. Siamo ad anni luce da noi, che interpretiamo ancora una trasferta come una sorta di incerta avventura e, sulle prime, sogguardiamo il passeggero accanto a noi come il possibile portatore di a) malattie, b) puzze, c) irritanti opinioni diverse dalla nostra.

Ecco perché, come dicevo ieri, mi piacevano le conversazioni da treno: alla fine, dopo tante incertezze, spezzavano qualche pregiudizio. Oggi sono scomparse e non si sentono frasi più epiche come la seguente: «Cara signora, con treni del genere non si va da nessuna parte».

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