A volte è difficile rendersi conto di quanto abbiamo reso la nostra vita complicata e, per così dire, ristretta. Questa considerazione è maturata in me alla lettura di un articolo che ammonisce contro i rischi di eccessiva esposizione da social network.
Se siete iscritti a uno o più dei grandi social network (Facebook, Twitter) sapete di che cosa sto parlando, se non lo siete mi stupisco che esistiate. In ogni caso, capirete che, in questo caso, per “eccessiva esposizione” si intende il bisogno compulsivo di pubblicare note, link, foto, video, ovvero qualsiasi cosa per attirare attenzione e benevolenza sotto forma di “mi piace” o di commenti favorevoli. Chi denuncia questo rischio fa notare come la costante connessione ai network impedisca di essere, di tanto in tanto, «realmente soli» e rappresenti una nevrosi piuttosto seria. Consiglio finale: staccarsi di tanto in tanto da Facebook e Twitter e farne un «uso moderato».
Non dubito si tratti di un suggerimento valido. Purtroppo va ad aggiungersi a una montagna di simili consigli che abbiamo ricevuto durante la nostra vita. In teoria, dovremmo badare a che tutto pervenga a noi con moderazione. Alcol, cibo, sesso, altre forme di esercizio fisico meno interessanti. Passioni e interessi sono tollerati qualora vengano approcciati con una sorta di indifferente distacco: la contraddizione, evidente, è pressoché insanabile.
Questo “mantra” della moderazione è diventato talmente comune da rappresentare, per assurdo, una forma sociale di nevrosi. Eppure non c’è come essere umani per comprendere che, a volte, la spinta verso l’eccesso, o quantomeno l’esagerato, è l’unica ribellione possibile, anche se vana, alla tremenda condizione mortale in cui ci troviamo ed è pertanto necessaria alla nostra natura. Scommetto che un giorno qualcuno lo comprenderà e troverà il modo di concederci qualche spazio legittimo di eccesso. Ma già sento che, subito, non potrà evitare di ammonirci con voce suadente: «Sii pure eccessivo oggi ma, mi raccomando, con moderazione».
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