Sono spuntati nei giornali come tanti piccoli gufi d'inchiostro e sui siti Internet come una moltitudine di cassandre digitali. Parlo degli articoli che, sulla base delle previsioni meteo, annunciano per prossimi giorni temperature gelide con accompagnamento di precipitazioni varie, non esclusa la neve.
Leggendo questi articoli sappiamo che dicono il vero (non sempre capita davanti a un articolo di giornale): la meteorologia è diventata una faccenda precisa. Non solo: è diventata precisa e diffusa. Basta un telefonino di nuova generazione per sapere che tempo farà in ogni angolo del mondo, anche quello in cui abitate voi e perfino se abitate nel luogo più remoto immaginabile. Se le previsioni annunciano neve per mercoledì alle 14, ebbene, al 99 per cento mercoledì alle 14.00 scintilleranno nel cielo i primi fiocchi bianchi.
Non sempre è stato così. Una volta la meteorologia era una sorta di stregoneria e, a renderla più scientifica, non bastava che ad annunciare le previsioni fosse un colonnello dell'Aeronautica davanti a una cartina disseminata di A e B (alta e bassa pressione) nonché di perturbazioni tracciate con il gesso. Se il meteo annunciava pioggia, il giorno dopo poteva piovere o anche far bello: la pioggia, più che altro, era un'opinione del colonnello, una profezia basata sulla sua esperienza o sul callo dolente di una vecchia zia.
Oggi questa approssimazione sembra inaccettabile. In realtà, offriva a ognuno una chance. Davanti alla prospettiva di una giornata piacevole (una gita, o una passeggiata con l'amica del cuore), anche la previsione più sfavorevole non chiudeva del tutto la porta alla speranza. In ogni caso, l'esito era positivo: se la previsione era sbagliata, la giornata diventava doppiamente piacevole; se era giusta, la cocente delusione contribuiva a temprare il carattere. Spero che questo offra ai meteorologi di oggi, schiavi della precisione satellitare, un motivo di riflessione: l'imprecisione dei vostri predecessori aveva una ragione, questa sì, precisa.
Leggendo questi articoli sappiamo che dicono il vero (non sempre capita davanti a un articolo di giornale): la meteorologia è diventata una faccenda precisa. Non solo: è diventata precisa e diffusa. Basta un telefonino di nuova generazione per sapere che tempo farà in ogni angolo del mondo, anche quello in cui abitate voi e perfino se abitate nel luogo più remoto immaginabile. Se le previsioni annunciano neve per mercoledì alle 14, ebbene, al 99 per cento mercoledì alle 14.00 scintilleranno nel cielo i primi fiocchi bianchi.
Non sempre è stato così. Una volta la meteorologia era una sorta di stregoneria e, a renderla più scientifica, non bastava che ad annunciare le previsioni fosse un colonnello dell'Aeronautica davanti a una cartina disseminata di A e B (alta e bassa pressione) nonché di perturbazioni tracciate con il gesso. Se il meteo annunciava pioggia, il giorno dopo poteva piovere o anche far bello: la pioggia, più che altro, era un'opinione del colonnello, una profezia basata sulla sua esperienza o sul callo dolente di una vecchia zia.
Oggi questa approssimazione sembra inaccettabile. In realtà, offriva a ognuno una chance. Davanti alla prospettiva di una giornata piacevole (una gita, o una passeggiata con l'amica del cuore), anche la previsione più sfavorevole non chiudeva del tutto la porta alla speranza. In ogni caso, l'esito era positivo: se la previsione era sbagliata, la giornata diventava doppiamente piacevole; se era giusta, la cocente delusione contribuiva a temprare il carattere. Spero che questo offra ai meteorologi di oggi, schiavi della precisione satellitare, un motivo di riflessione: l'imprecisione dei vostri predecessori aveva una ragione, questa sì, precisa.
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