Bisogna proprio amarla, l’umanità. Letteralmente: bisogna. Perché l’alternativa, che spesso viene spontanea, è di mandarla al diavolo tutta quanta, o almeno di rinunciare a capirla: un atteggiamento remissivo gravido di conseguenze nefaste.
Cerchiamo di amare e di capire, dunque, anche di fronte a notizie come questa, diffusa dall’Ansa:
«CANNES - La città di Cannes ha emesso un’ordinanza municipale per vietare l’utilizzo del burkini, il costume da bagno che copre interamente il corpo, sulle proprie spiagge, perché “manifesta in maniera ostentata un’appartenenza religiosa” e per questo “rischia di creare disturbo all’ordine pubblico”».
Correggetemi pure, ma a me sembra di ricordare che, un tempo, le ordinanze i comuni marittimi le facevano contro chi il corpo lo esponeva “troppo”. Si contrastavano bikini e topless in nome di quel «senso del pudore» stabilito dalla legge ma mai ben definito, tanto è vero che è cambiato nel tempo. Una lotta sociale e culturale tra “esibitori” e censori fonte di una frizione dalle conseguenze non di rado eroticamente stimolanti: opportunamente sfruttata, finì per alimentare pellicole e riviste più o meno scollacciate.
La situazione deve essere un tantino cambiata se oggi, alle latitudini dove si contrastava il nudismo, si legifera per combattere il “vestitismo”. Forse le mamme coprono gli occhi ai bambini e li trascinano via mentre quelli, curiosi e innocenti, domandano: «Perché quella signora fa il bagno tutta vestita?»
Sappiamo bene che cosa è accaduto poche settimane fa in Costa Azzurra e non stupisce che si vogliano evitare associazioni di qualunque tipo con il fanatismo religioso. Le ordinanze, però, funzionano bene quando si occupano di cani e biciclette: dubito che convinceranno qualche donna islamica a ragionare sul fatto che sotto il burqa c’è un corpo che chiede libertà e dentro il corpo un cuore che esige rispetto.
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