Sentiamo spesso rimarcare come gli americani, pur tra divisioni sempre più profonde (politiche, culturali, razziali), finiscano per ritrovarsi sempre ai piedi della bandiera a stelle e strisce e quando nell’aria risuona l’inno, eccoli tutti in piedi, il cappellino da baseball schiacciato al petto, le parole circa “the land of the free” sulle labbra.
A paragone, il patriottisimo italiano viene considerato flaccido e opportunistico. Quando ostentato, sconfina irrimediabilmente nel fascismo.
Qualcosa però ci dice oggi che forse non è così. Gli americani, per esempio, vacillano nel loro patriottismo quando, sempre più spesso, all’estero dichiarano di essere «canadesi». Questo per risparmiarsi sguardi di compatimento ed espressioni di disprezzo e tuttavia il rinnegar un passaporto mai fu bella cosa, come diceva il poeta.
In questo, noi italiani ne usciamo forse rivalutati. Personalmente, non ho mai sentito un connazionale proclamarsi, all’estero, francese o tedesco e neppure spagnolo. Un sondaggio proposto tempo fa da questo giornale aveva rivelato un potente desiderio di annessione alla Svizzera, questo è vero, ma non tanto per ragioni patriottiche quanto fiscali e amministrative. In fondo anche nei tanti che ogni giorno scrivono «Mi vergogno di essere italiano», c’è un qualcosa di irriducibilmente patriottico. È come se dicessero: «Mi vergogno che certi italiani rendano difficile qualcosa di potenzialmente bellissimo».
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