Un bel sorriso

Un bel sorriso

Per quanto nelle occasioni canoniche - vacanze, matrimoni, capodanni, pasque e natali - non mi sottragga al rito della fotografia, lo faccio sempre con un breve singulto dell’anima. Non mi riesce di evitare, infatti, un pensiero oscuro, sempre lo stesso: ovvero che la foto in questione potrebbe essere usata, un giorno, per scopi funebri. Fateci caso: le fotografie delle vacanze sono micidiali. Se a qualcuno capita una disgrazia, facile che si ritrovi nel giornale raffigurato proprio in una di queste occasioni. «La vittima», si legge nella didascalia e, dietro un volto sorridente, si intravede una palma, il profilo di un ombrellone, e il bagnino il quale, dirigendo lo sguardo all’esterno dell’inquadratura, di certo sta valutando i contrappesi di una turista svedese.
Le foto delle vacanze - questo il mio punto - potrebbero accompagnarci all’ultima destinazione. Per questo, ogni volta che qualcuno scatta, mi sento nervoso, come se sfuggendo all’obiettivo potessi eludere la morte. Non ricordo quale esploratore raccontava di certi indigeni i quali rifiutavano di farsi fotografare: pensavano che l’apparecchio rubasse loro l’anima. Forse avevano capito tutto.
Adesso salta fuori che una correlazione c’è. Uno studio ha scoperto che, in media, chi nelle foto sorride apertamente vive tre anni in più di chi ostenta un atteggiamento malmostoso. La ragione c’è, anche se è lunga da spiegare. E poi si sta avvicinando un tale con la macchina fotografica e io mi sono appena slogato la mascella.

© RIPRODUZIONE RISERVATA