Un nuovo suono

C’è qualcosa di sbadatamente tragico nelle morti per auricolari (l’ultima a Milano, vittima una ragazza di 18 anni). Verrebbe la tentazione di attribuire loro qualcosa più di un significato accidentale.

La tentazione, però, va scacciata: da sempre la gente è riuscita a farsi del male nei modi più impensati e la tragedia si è spesso comodamente nascosta dietro apparenze innocue, pronta a scattare senza paura di sfruttare, nel suo balzo omicida, il banale o perfino il ridicolo.

Il povero Giorgio Plantageneto, duca di Clarence, avrebbe potuto assicurarsi qualche paragrafo dignitoso nei libri di storia: invece è ricordato per essere annegato in una vasca di vino Malvasia, come si racconta nel “Riccardo III” di Shakespeare. Immagino che se nel 1478, anno della sua scomparsa, fossero stati in circolazione siti Internet e telegiornali, l’incidente avrebbe attirato non poca attenzione e generato qualche commento sussiegoso, oltre a un pugno di osservazioni salaci.

La morte, dunque, da sempre prende le forme più strane e non c’è da stupirsi che oggi approfitti delle nostre abitudini, anche di quelle apparentemente innocue e senz’altro comuni. Magari, però, si potrebbe approfittare della triste circostanza per assimilare una lezione. Dico questo perché un tempo, cercando di imparare a disegnare, ho scoperto con mia grande sorpresa la bellezza del guardare. Poco mi rincresce, oggi, per tutti quei fogli pieni di scarabocchi: il disegno costringe gli occhi a scoprire le forme, le luci, i volumi, ed è una sorprendente gioia per la vista, fin troppo avvezza a selezionare, escludere, sorvolare.

Mi chiedo se sia possibile fare altrettanto con l’udito: sfilarsi gli auricolari per riscoprire il miracolo del suono, la sorpresa della sua dimensione spaziale, la sottigliezza dei suoi ritmi e dei suoi riflussi. Nel frattempo, potrebbe scapparci di salvare qualche vita umana.

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