Ieri, in conseguenza di un processo mentale che sarebbe difficile spiegare, o forse addirittura impossibile perché i suoi lembi ricadono nel territorio dell’inconscio, è riemersa nella mia mente una canzone: “Draggin’ The Line” di Tommy James and the Shondells.

La cosa è sorprendente perché non molti di voi, ieri, avranno pensato a Tommy James and the Shondells per non dire a “Draggin’ The Line”. Addirittura, scommetterei che nessuno di voi ha pensato a Tommy James and the Shondells. Probabilmente neanche i membri degli Shondells, band naufragata nel passato remoto, hanno pensato, ieri, agli Shondells. Figuriamoci, poi, se hanno pensato a “Draggin’ The Line”, canzone che, a essere precisi, Tommy ha inciso da solo, anche se, nelle raccolte, è spesso accreditata a lui e al gruppo insieme.

Sta di fatto che io solo, forse, ci ho pensato, ma la ragione per cui ne scrivo non è questa. La ragione è che, dopo averci pensato, mi sono avvicinato al computer e ho scaricato dalla Rete il file mp3 di “Draggin’ The Line”. Pochi istanti ed ecco i primi versi del brano risuonare nelle cuffie: «Makin’ a living the old hard way/ Takin’ and giving by day by day...»

Un brivido di soddisfazione e, subito, un pensiero un poco inquietante: quanto tempo mi era occorso per soddisfare un desiderio di provenienza ignota, una voglia che in altri tempi si sarebbe chiamata capriccio? Pochi, pochissimi secondi. Non molti anni fa “Draggin’ The Line” da capriccio sarebbe diventato fastidio, poi rimpianto e infine nulla di nulla, a meno che non avessi avuto volontà e tempo abbastanza per andare in un negozio di dischi, chiedere una raccolta di Tommy James and the Shondells e sentirmi rispondere se, per caso, non intendevo «Laura Pausini, che suona uguale».

L’irrisorio intervallo tra lo sbocciare del desiderio e la soddisfazione del medesimo mi ha spaventato: quanto bassa è diventata la nostra resistenza alla smania di possesso? Non saprei. So solo che, ancora oggi, “Draggin’ The Line” è un pezzo niente male.

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