Per chi non intende rassegnarsi alla ristrettezza e alla violenza (verbale) di certe posizioni contro gli immigrati, l’esito del referendum svizzero sui frontalieri (o meglio, sulle priorità da riservare ai lavoratori locali) è stata una tentazione irresistibile. Molti hanno voluto sottolineare il paradossale ribaltamento dei ruoli tra chi respinge e chi viene respinto con battute argute, motteggi e perfino qualche calembour.
Siccome all’irresistibile non si resiste e comunque la causa era degna, val (quasi) la pena di sorvolare sul fatto che, a essere pignoli, non è che il flusso della migrazione internazionale e l’osmosi del mercato del lavoro tra Italia e Svizzera siano fenomeni perfettamente sovrapponibili. L’esito del referendum, più che smascherare l’ipocrisia dello xenofobo medio (il quale ha nella doppiezza l’ultimo dei suoi problemi) sottolinea ancora una volta l’anomalia storica, politica e sociale della Svizzera. La domanda - esistenziale e umana - rimane invece sempre la stessa: nel nostro futuro, ci vediamo svizzeri e dunque meno affiliati al resto del mondo?
L’alternativa non è infatti quella tra essere svizzeri o italiani, ma piuttosto tra avanzare ufficialmente la nostra adesione alla “svizzerità” oppure confermare l’appartenenza all’umanità circostante che, per quanto variegata, risulta piuttosto omogenea se posta al confronto con la singolarità elvetica.
Inutile elencare gli ingredienti che fanno della “svizzerità” un fattore unico: li conosce bene chi ha vissuto fin dalla nascita nei pressi del confine. Recarsi “di là”, per noi, significa trovare, oltre al pubblico nitore e alla lingua italiana arbitrariamente modificata, il terreno perfetto per la fioritura genetica, il contesto ideale per compimento di un agognato percorso genealogico, ma vuol dire anche perdere qualcosa di altrettanto lontano e profondo: l’appartenenza alla frammentata ma grandissima cultura italiana. L’alternativa è questa e non ammette compromessi: forse si può essere un po’ italiani,di certo non si può essere un po’ svizzeri.
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