Un punto all'orizzonte

Un punto all'orizzonte

Non so se oggi, tra giornali e tv, vi sia già capitato d’imbattervi in questa notizia: «Due donne, madre e figlia, sono precipitate con il loro furgone in una voragine apertasi in via Nazionale delle Puglie, a Casamarciano (Napoli). La voragine presenta una larghezza di tre metri e una profondità di 15. Al termine di una lunga operazione, i vigili del fuoco sono riusciti a trarre in salvo le due donne».
Quando ho letto la notizia, sollevato dal lieto fine, ho lasciato che la mia mente speculasse sull’accaduto. Ho pensato: non in molti Paesi può capitare - in assenza di cataclismi in corso - di percorrere una strada e di ritrovarsi improvvisamente inghiottiti da una voragine. In Italia sì, e - triste a dirsi - non è del tutto una sorpresa. È come se la disavventura toccata alle due donne segnasse una svolta: il linguaggio estremo di cui un po’ tutti - ma noi giornalisti in particolare - facciamo ampio uso, si va traducendo da figurato a reale. Se parliamo di voragini economiche e morali ecco che, come in una fiaba, il terreno cede sotto in nostri piedi. Se invece accenniamo a un Paese in declino, ecco la piattaforma peninsulare inclinarsi e trascinarci in un disperato groviglio. E se, infine, scuotendo il capo, stigmatizziamo le perdute speranze di una nazione «alla deriva», ecco le Alpi squarciarsi e l’Italia prendere il largo, allontanarsi e svanire laggiù, in un punto all’orizzonte.

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