Un secondo prima

Ricordate la città di Palmira? Appena qualche giorno fa ululavamo di dolore per la caduta in mano dell'Isis di uno dei tesori archeologici più importanti del mondo e tremavamo all'idea della sorte che quei preziosi resti potevano fare sotto i colpi dell'ignorante brutalità terroristica. Poi sono arrivate le elezioni regionali della Puglia è tutta la faccenda, ovviamente, è passata in secondo piano.

Qualcuno però, incomprensibilmente indifferente alle sorti della Liguria, si è preoccupato di verificare se in effetti le temute devastazioni fossero accadute. Sorpresa: le rovine di Palmira sono ancora al loro posto. Ne abbiamo certezza perché le foto satellitari non mentono: i terroristi non hanno danneggiato - per ora - i resti archeologici, almeno non in modo significativo.

Riporto questa notizia non certo per invitarvi a riconsiderare la vostra opinione sui tagliagole dello Stato islamico, quanto per ricordare a me per primo che tra le nostre paure e la realtà c'è sempre una certa distanza. L'inerzia dell'Isis potrebbe essere una strategia, oppure le priorità della banda di assassini sono altre, o, ancora, è perfino possibile che costoro non sappiano riconoscere una preziosa rovina da un buco del deserto: non ha importanza.

L'importante è notare che in questo come in tanti altri casi le nostre aspettative - ottimistiche o pessimistiche che siano - non coincidono mai perfettamente con gli eventi. A volte non assomigliano proprio agli eventi, neanche un pochettino. Per questa ragione dobbiamo riconoscere che vivere non è altro che imparare, ovvero "rubare" qualcosa alla realtà per consegnarla all'esperienza. Questo processo ci consente di migliorare, di perfezionarci, anche se, per qualche ragione connaturata al nostro essere e all'esistenza del mondo, il divario tra esperienza e realtà non potrà mai essere colmato. È una fortuna, in fondo: significa che la curiosità non morirà mai. O, se proprio dovrà morire, lo farà con noi: non un secondo prima.

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