Un tappeto di monete

Noi tutti pensiamo di avere un’idea abbastanza precisa di come siamo conciati ma, in effetti, non è così. A rivelarcelo sono quelle persone che sanno analizzare la società in modo obiettivo e che, soprattutto, non perdono mai di vista il fattore economico. Che ci piaccia o no, l’economia - nel senso più ampio - domina e regola il mondo ed è il nostro intestardirci a contraddirla (non nelle sue storture più evidenti, ma nei meccanismi ovvi che ci rifiutiamo di riconoscere)a crearci un bel po’ di grattacapi. L’economia, ovvero il semplice calcolo di costi, ricavi e convenienze, a volte contraddice clamorosamente il nostro istinto, anche quello che appare solido, inattaccabile.

Per esempio: sapevate che raccogliere monete da terra è economicamente sconsigliabile? Facilissimo, infatti, perderci: non in salute o dignità, ma in denaro. C’è chi si è preso la briga di fare i conti: tra il guadagno realizzato nel chinarsi e raccogliere una moneta da un cent (un centesimo di dollaro, equivalente grosso modo a 1,04 centesimi di euro) e il tempo perso nel farlo, quasi sempre l’operazione finisce in perdita. È stato calcolato il “break-even” (limite di pareggio) dell’operazione a seconda delle fasce di reddito. Chi guadagna all’incirca 10 dollari all’ora dovrà badare a non impiegare più di 4 secondi per raccogliere il penny, altrimenti andrà in ”rosso”. Più veloce ancora dovrà dimostrarsi chi guadagna di più: per rendere la raccolta economicamente appetibile, chi raggiunge il reddito di 26 dollari all’ora dovrà sbrigarsela in 1,29 secondi.

Si dirà: uno può mettersi a raccogliere cent nel suo tempo libero e salvare, come si dice, capra e cavoli. Niente affatto: il tempo libero, infatti, non esiste più. Un terzo dei lavoratori americani già arrotonda con lavoretti qui è là, alimentando quella che lassù si chiama “gig economy”. Un trend esplosivo, avviato all’esportazione mondiale. A questo punto, il ritratto del futuro è fatto: una folla di pazzi insegue il tempo prezioso correndo su un tappeto di monete.

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