Un uomo, una testa, una voce

Un uomo, una testa, una voce

Il fatto è che questo mondo conosce una grave penuria di persone "uniche". Non persone "speciali", e neanche "straordinarie" o di eccezionale talento. Non caratterizzate da personalità dirompente o da carisma magnetico. E neppure da lucida intelligenza o guizzante intuizione. Di gente così ce n’è: non direi in abbondanza, ma neppure in quantità da carestia. Mancano, invece, le persone "uniche", ovvero quelle impensabili in altro modo se non il loro. Immutabili non per posa o per costruita vanità, ma per naturale costituzione, per originale nascita e ineffabile esistenza in vita.

Nei giorni scorsi una di queste persone è venuta a mancare, ed è come se il panorama fosse stato privato, di colpo, del profilo di una montagna.

Andy Rooney era un giornalista un po’ da pellicola in bianco e nero: scorbutico, ruvido, armato di un’ironia abrasiva e di un senso dell’umorismo non troppo raffinato ma molto efficace. Per anni e anni titolare di un popolarissimo segmento nella rubrica televisiva "60 minutes", ebbe modo di far conoscere al pubblico americano tutta la sua unica, irripetibile visione del mondo: un uomo, una testa, una voce.

È morto a 92 anni, poco più di un mese dopo aver deciso di andarsene in pensione, forse perché è questo il destino delle montagne quando smettono di fare le montagne.

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