Un vero eroe

Mi fa piacere che, pur senza gran dispiego di titoloni, anche la stampa italiana si stia occupando di Joshua Wong. Il suo nome, in realtà, è Wong Chi-fung, ma trattasi di nome cinese e i giornali occidentali preferiscono usare la versione “anglicizzata”.

Joshua ha diciassette anni: è nato a Hong Kong il 13 ottobre 1996, meno di un anno prima che la città, al termine di una lunga cerimonia sotto la pioggia battente, venisse ceduta dal Regno Unito alla Repubblica popolare cinese, la quale le conferì lo status, ancora oggi effettivo, di Regione autonoma speciale.

A diciassette anni e con solo pochi mesi da cittadino della colonia britannica nella sua brevissima biografia, Joshua è alla testa del movimento studentesco che, boicottando le lezioni, si oppone alla progressiva omologazione politica della città con la Repubblica popolare e punta all’ottenimento di candidature civiche per l’elezione generale del Chief Executive (il sindaco-governatore di Hong Kong) nel 2017. Praticamente da solo, grazie a una presenza carismatica nonostante il fisico esile e quasi da “nerd”, Joshua ha già respinto il tentativo del governo cinese di introdurre nelle scuole di Hong Kong lo studio del “patriottismo”: in altre parole, ha impedito che si riscrivessero i libri di testo per insinuarvi l’elegia del comunismo secondo Pechino.

Mi piace ricordare Joshua in queste poche righe perché, a fronte di tanti eroi di carta velina del populismo, della protesta un tanto al chilo e della rivoluzione “armiamoci e partite”, egli si è guadagnato il diritto di essere ammirato per il coraggio e per l’intraprendenza. A diciassette anni essere nel libro nero di Pechino equivale a meritare nientemeno che il titolo di eroe. Sfidare in punta di opinioni e in nome della democrazia un gigante come quello cinese è una lezione di impegno, coraggio e intelligenza. I Masaniello nostrani dovrebbero ripeterla ogni sera, questa lezione, per ricordarsi che parlar di democrazia non sempre è facile come scrivere su un blog o andare a Porta a Porta.

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