Un volo di fantasia

Bello veder gente felice per aver acchiappato una cometa per la coda. Soprattutto se per arrivare lassù ci ha messo dieci anni e, negli ultimi, decisivi istanti, ha corso il rischio di vedere andare tutto in malora. Così non è stato: il modulo della sonda Rosetta è riuscito ad atterrare senza danni sul nucleo della cometa 67/P Churyumov-Gerasimenko. Molti di noi preferirebbero una gita domenicale a Gardaland, ma i tecnici dell’Agenzia spaziale europea (Esa) tenevano molto a questa destinazione e sono stati accontentati. Come detto, ci hanno messo un decennio per completare la missione. Perfino considerando la coda al rientro, nessuna nostra gita è mai durata altrettanto.

Non saprei dirvi perché aver mandato una sonda su una cometa sia un fatto scientificamente importante. Certe imprese si giustificano in se stesse: agli scienziati potrebbe benissimo bastare l’aver dimostrato che è possibile pilotare un aggeggio dalla Terra fino a un preciso punto dello spazio, anche se ci vogliono dieci anni per arrivare a destinazione.

Personalmente, mi piace molto questa svolta poetica che, ai miei occhi, l’ente spaziale europeo ha impresso alla sua ricerca. Non vorrei che la scienza ora si distraesse da altri compiti molto importanti - scoprire la cura per il cancro, risolvere il problema della fame del mondo, ridurre la presenza di Carlo Conti nei palinsesti - e tuttavia vorrei veder impostate e possibilmente portate a compimento altre imprese altamente evocative: dopo l’atterraggio sulla cometa, si potrebbe pensare a una passeggiata sull’arcobaleno, all’imbottigliamento di un raggio di sole,a installare diecimila abat-jour sul lato scuro della Luna e a infilare un paio di occhiali da sole sul Sole.

Al di là dei voli di fantasia - che comunque l’Esa è quasi riuscita a trasportare nella realtà - per la prima volta una cooperazione europea può dire di aver sollevato emozioni, orgoglio e perfino commozione. Godiamoci il tutto, prima che se lo prendano Renzi e la Merkel.

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