Una donna

Una donna

Nel giorno, oggi, in cui le donne parleranno in favore di sé stesse, in fondo incredule che, dopo tanti secoli, ce ne sia ancora bisogno, rassegnate alla contingenza che, del loro parlare, se ne farà un uso mirato al consenso, e tuttavia irriducibili nel dire ciò che è giusto, a me, non so per qual motivo, di donne ne viene in mente una conosciuta molto tempo fa.
Neppure ricordo, a dirla tutta, il momento in cui ci siamo incontrati. Mi voltai e c’era, con l’aria di chi non ammette sorprese: c’era e basta, perché doveva esserci. Strano, semmai, era pensare all’ipotesi, assurda e oscura insieme, che non ci fosse. All’idea mi sentivo improvvisamente dimezzato: un naufrago, pensavo, proverà certo lo stesso sgomento alla vista della nave che si allontana.
Non mi ci volle molto a capire che ero in suo potere: bastava un suo malumore perché mi sentissi in debito, il sospetto di averle fatto un torto per costringermi a un diffuso tormento dell’anima. Ma perché tanto ascendente, perché tanto potere?
Fu quando se ne andò, non per suo volere, che potei comprendere appieno quanto aveva fatto per me e quanto il reciproco legame fosse, più che intenso, fondamentale. Allora avrei voluto lasciargliene ancor più di ascendente, ancor più di influenza. Ancor più profondamente avrei voluto appartenerle: perché senza di lei io, semplicemente, non ero. Così, nel giorno di tutte le donne, io penso a una donna. Mia madre.

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