L’emergenza Covid sta scemando (se nella realtà o solo nella nostra percezione è un deliberato che lascerei al momento in sospeso): lo si deduce dal fatto che siamo tornati ad accapigliarci per questioni di principio. Questioni, intendiamoci, ben piantate nella realtà storica e importanti per comprendere il presente, ma che presentano aspetti astratti, richiedono direttive morali e aggiustamenti sociali. In una settimana o poco più siamo passati dal laboratorio di analisi, preoccupati come eravamo per anticorpi, sieri, vaccini e infiammazioni, alle strade degli Stati Uniti: dalla salute nostra individuale a quella etica del mondo intero.
L’ultima questione riguarda le statue: conservarle o abbatterle? Eliminare dalla nostra vista quei promemoria marmorei e bronzei che accanto alle qualità morali e ai tratti eroici dei personaggi raffigurati tramandano inevitabilmente anche le pagine più fosche delle loro biografie, oppure conservarli comunque, perché la Storia non si può leggere se non in termini relativi?
La disputa più accesa, e a noi più vicina, riguarda la statua dedicata a Indro Montanelli ai giardini pubblici di Milano.
Se a qualcuno venisse in mente di chiedere la mia opinione (non che ci sia alcun rischio) risponderei che, per me, le statue non si toccano. Compresa quella a Montanelli.
Vorrei proprio che tutte le statue rimanessero al loro posto e che a ognuna venisse garantita accurata manutenzione. Questa posizione non è affatto motivata da amore per la scultura celebrativa, patriottismo o ammirazione per i personaggi che, in tempi diversi, la società, o parte di essa, ha ritenuto di dover definire storici. Conserverei invece le statue come memento a non ripetere l’errore di erigerle.
Salviamole, dunque, come nei libri di Storia si salvano le cronache di guerre, carestie, pestilenze, intrighi di corte e colpi di Stato. Salviamole perché, imbattendoci in esse, ci sovvenga un pensiero rinsavente: «Ma che cosa credevamo di fare tirando su quegli obbrobri?»
Non solo nella stragrande maggioranza tali monumenti mi sembrano brutti e ridicoli, ma è il concetto stesso di conservazione della gloria nel marmo a suonare assurdo: come si può pretendere di consegnare all’eterno, o giù di lì, la memoria di un individuo - condottiero, politico, filosofo, scrittore, giornalista, attore o artista che sia -, irrigidendone il ricordo al punto da farne un valore o un tabù, quando le azioni umane non possono che essere oggetto di costante studio e dunque necessariamente aperte a possibili ripensamenti?
Teniamoci le statue, per carità: così magari ci ricorderemo di non farne più.
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