Una sera a cena

Una sera a cena

L’altra sera a cena con un consigliere regionale tra ostriche, caviale, vodka ghiacciata e un buon armagnac hors d’age, si discuteva su come salvare questo povero Paese e dare una svolta al colabrodo delle finanze pubbliche e non.

«Il problema è che da noi tutto costa troppo» diceva il consigliere. «Produrre, intendo». Indica il piatto dei formaggi. «Prenda questo Camembert di Normandia. Dovessimo produrlo da noi, in valle Brembana per dire, costerebbe un venti per cento in più solo in materia prima. A questo, aggiunga i costi, decisamente superiori, dell’energia elettrica, dei trasporti, della distribuzione. Sopra a tutto, come una ciliegina al maraschino uguale a quelle che abbiamo appena assaggiato, ci metta il costo della burocrazia, degli sprechi e, naturalmente, le tasse».

A questo punto alzo il naso dalla panna cotta per avanzare un’obiezione: «Ecco. Proprio qui la volevo: le tasse. Possibile che l’unica soluzione sia quella di aggiungere sempre nuove tasse? Non siamo ormai al limite. Non crede che, addirittura, in qualche caso il limite sia stato superato? Non è possibile che l’unica risposta della politica sia sempre e soltanto quella di aumentare le tasse».

L’occhio fisso al carrello dei dessert, il consigliere prende tempo. Alla fine decide per un cheesecake al cioccolato fondente. «Dici bene tu (il cioccolato gli ha dato la spinta per abbandonare il "lei"), dici bene caro giornalista. La verità è che noi abbiamo le mani legate. Per non aumentare le tasse, dovremmo tagliare le spese e tagliando le spese dovremmo ridurre i servizi. Ma i servizi la gente li esige. Capisci?»

Un poco distratto dal passaggio di una Saint Honoré annuisco e borbotto: «Capisco, capisco».

«Sì, tu capisci» dice il consigliere, «ma alla gente queste cose voi giornalisti non le spiegate mai». Si china e vedo avvicinarsi a me la brace del suo Cohiba Esplendido. «Noi e voi, invece, dovremmo collaborare molto di più».

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