Un'altra volta

Un'altra volta

Non bisognerebbe mai rinviare nulla: è questa una verità scomoda ma ineludibile. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Sta di fatto che, oggi, dovrò inventarmi in tutta fretta un argomento per la "buonanotte" perché quello che avevo in mente è sfumato a causa, appunto, di un maldestro rinvio. L’argomento era questo: il gelato al latte materno messo in vendita in un locale di Londra. Il motivo della sua sopraggiunta impraticabilità sta nel fatto che, proprio ieri, il suddetto gelato è stato ritirato dalle autorità con la scusa di «potenziali pericoli per la salute pubblica».
Una «scusa», ho detto, e invero nulla di più: mille prodotti pericolosi raggiungono ogni giorno il mercato, mille altri finiscono in lavorazioni i cui scarti vengono dispersi nell’aria e nell’acqua; eppure, con zelante tempestività, ci precipitiamo a vietare soltanto il gelato alla mamma.
La ragione è che tale manufatto alimentare ci disturba nel profondo, anche se non sappiamo bene perché. Certo: la sua esistenza va a sfiorare ogni possibile tabù - il cannibalismo, la violazione della sacralità del corpo, perfino l’incesto - ma a pensarci bene non ne viola apertamente nessuno. Come tutte le provocazioni fine a se stesse, ci invita a rifiutarla, a "rinviarla" appunto, come ho fatto io, prima che si trovi la freddezza di esaminarla e, con tutta probabilità, di scoprirla vuota. Ma anche di questa trappola, nella quale inevitabilmente cadiamo, sarà meglio parlare un’altra volta.

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