Uomini in coda

Un buon giornale si occupa di tutto, anche di ciò che il lettore non si aspetta ma sarà contento di apprendere. In questi giorni, il Washington Post ha dimostrato di essere un buon giornale pubblicando uno strepitoso articolo sulle code.

Subito va precisato che, qui, con coda non si intende quella cosa con la quale le mucche scacciano le mosche. Le code in questione sono quelle che, di tanto in tanto, ci capita di fare in posta, in banca o davanti a qualunque altro sportello pubblico e privato. La ragione per cui il Post ha pubblicato un "pezzo" su questo aspetto della quotidianità è che esso rappresenta il vaso di Pandora della psicologia: da come la gente affronta la coda si capiscono tante cose sul comportamento individuale e collettivo. Il giornale fa notare prima di tutto che l'aspetto più odioso della coda non è tanto l'attesa quanto la noia. Studi e applicazioni pratiche dimostrano che fornendo distrazioni come schermi tv o altre diavolerie interattive le persone finiscono per "sopportare" la coda con atteggiamento più tollerante.

Non basta, però: anche il senso di giustizia reclama la sua parte. Giustizia può sembrare una parola grossa trattando di una coda per pagare la bolletta del gas, ma non ne esiste una migliore per descrivere quel senso di sospetto, allarme e indignazione che proviamo quando, in attesa, vigiliamo affinché nessuno faccia il furbo o goda di un trattamento di favore. Accettando uno strumento "democratico" come la coda, si insinua in noi, forse approfittando della varco della nostra insicurezza, il dubbio che comunque l'ingiustizia possa prevalere, che il tempo personale dell'uno possa essere trattato con meno rispetto di quello dell'altro. La coda è dunque al contempo acquario e polveriera dell'umanità, ma anche una conquista da non sottovalutare: il grado uno dell'organizzazione sociale. Gli animali non fanno la coda, gli uomini sì. D'altra parte gli animali non hanno l'Irpef e gli uomini ce l'hanno eccome, quindi ancora non è chiaro chi tra i due sia il più evoluto.

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