Vecchie macerie

Vi ricordate il terremoto? Certo che sì: dopo tutto è passato meno di un anno. La scossa che mise in ginocchio Amatrice si scatenò il 24 agosto dello scorso anno. Ci furono poi le repliche violente: due, il 26 ottobre.

Dunque, il terremoto ce lo ricordiamo. L’uso di questo verbo, però, è traditore. Ricordare il terremoto significa relegarlo nel passato: una delle cose accadute che, speriamo, non accadano più. Questa impressione è però errata: il terremoto non appartiene al passato ma al presente. Basta leggere che cosa scriveva l’Ansa appena qualche giorno fa:

«ANCONA, 14 GIU - La Regione Marche sta terminando il piano per le macerie pubbliche. I comuni che hanno inviato il progetto sono 88. Sono ancora in fase di evoluzione quelli per i Comuni di Castelsant’Angelo sul Nera, Visso, Sarnano (Macerata). La stima è di circa 840 mila tonnellate: 287 mila per i comuni della provincia di Macerata, 511 mila per la provincia di Ascoli Piceno e 42 mila per la provincia di Fermo».

Avete letto bene: le tonnellate di macerie sono 840mila e questo solo per la regione Marche. I progetti cui si fa cenno riguardano lo smaltimento delle macerie suddette. E se non sono state smaltite, le macerie sono ancora macerie. E se sono ancora macerie, il terremoto, di fatto, non appartiene al passato.

Non è questo un appello a farsi carico di un problema in più, né un invito ad adottare un’altra angoscia, l’ennesima. Semmai vuole essere uno spunto di riflessione. Ci alimentiamo, ogni giorno, di preoccupazioni, idee, convinzioni, dubbi e gravami assortiti che rinnoviamo con ansia famelica. Questo senza sapere se ciò che ci lasciamo alle spalle è vivo, morto, reale, compreso o ancora bisognoso di analisi e attenzione. In piedi sulle macerie, scrutiamo il prossimo disastro.

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