Veglia d'oro

Un problema che sta molto a cuore alla scienza è legato alla vita umana. Come allungarla? Soprattutto: come allungarla e renderla nel contempo degna di essere vissuta? Impostata la questione, la strada da seguire sembra semplice: occorre trovare un modo, o più modi combinati, per prolungare la vita media di un significativo numero di anni, riuscendo nello stesso tempo a rendere questi anni "aggiunti" fruibili in modo decente.

Altra via non sembra data, o almeno non sovviene a noi comuni futuri immortali, ma è proprio qui che la scienza stupisce, proponendo una fulminante alternativa: la vita può essere allungata eliminando il suo terzo oscuro, ovvero il sonno. Con tanti saluti al titolo di questa rubrica.

Non è né una battuta né fantascienza: mentre io scrivo e voi leggete gli scienziati sono al lavoro per eliminare, negli umani, la "necessità" del sonno. Il problema è che il corpo si comporta un po’ come un telefonino: restando "acceso" e funzionante tutto il giorno consuma energia che deve essere "ricaricata" e il sonno, in questo senso, ricopre il ruolo di caricabatterie. Qui gli scienziati incontrano il problema-chiave della questione: a differenza del telefonino, il corpo umano non può essere "usato" mentre si trova in carica, anche se, va detto, in certi uffici pubblici e non ci si arriva molto vicino.

La soluzione è dunque una sola: bisogna rimpiazzare il sonno con un altro modello di caricabatterie. Quale? Gli scienziati non si sbottonano, ma parlano di «tecnologie» che ben presto potrebbero centrare l’obiettivo. Siccome non sono stupidi, già anticipano alcune resistenze culturali. Per esempio: è giusto considerare il sonno come una non-vita, ovvero come una condizione da sacrificare in favore della veglia che, in questa concezione, rappresenterebbe l’unica esistenza degna di essere coltivata? Io non so rispondere, ma a chi teme che la fine del sonno ci priverebbe, per esempio, dei sogni, rispondo: dei sogni forse, degli incubi certamente no.

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