Villa Elsa

Villa Elsa

E' sempre stata una delle tante casette che si vedono in periferia. Due piani, un balconcino, un'aiuola con le ortensie e, di lato, un piccolo, piccolissimo orto. Da qualche giorno, però, è diventata un cantiere che neanche un grattacielo nel bel mezzo di Chicago. La casetta è quella della signora Desolina Malinpeggio; il cantiere, presumo, servirà a ristrutturarla (la casetta, intendo, non la signora).

La faccenda mi incuriosisce ma da giorni la signora Malinpeggio non si fa vedere in giro. Poi, finalmente, la sorprendo sul vialetto d'ingresso. La raggiungo in due balzi. “Buongiorno, signora! Vanno bene le cose, eh?” “Vanno male, vuol dire” replica lei. “No, bene” dico io. “No, male” insiste lei. “Possono andare male se si sta facendo sistemare tutta la casa?” azzardo io, sfacciato. “E' proprio perché vanno male che posso permettermelo” spiega lei. Dimenticavo: portatrice di pessimismo globale, la signora è diventata ultimamente conferenziera di grido. E molto ben pagata, a quanto pare.

Sospiro. “Dunque lei non vede fine a questa situazione drammatica?” “No!” replica lei, garrula: “Per fortuna, no”. “Neppure con questo governo tutto rigore, sacrifici e credibilità internazionale”. “Non so”, replica lei, dubbiosa: “In effetti, nel governo qualcuno che mi piace c'è”. “Sarebbe?” “Quella donna... Come si chiama? Il ministro del lavoro”. Noto in quel momento che un operaio sta fissando una targa sulla colonna del cancello. C'è scritto soltanto “Villa Elsa”.

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