E' ormai assodato che i dischi in vinile stanno tornando di moda. Non che dischi e giradischi possano rimpiazzare in popolarità i cd o i “download” da iTunes: piuttosto, si fanno strada in una fascia di mercato minoritaria ma solida, che apprezza il vinile per la qualità acustica, da molti ritenuta superiore a quella dei supporti digitali.
Per me, è una buona notizia: non va dunque perduto un oggetto che ho molto amato. Mettere un disco sul piatto, attendere che la puntina, solenne, si posasse sul primo solco per scoprire che cosa ne usciva, era già una forte emozione. In più c'era il piacere visivo di ammirare una copertina grande abbastanza da essere un quadro e quello, da lettore, di scoprire i testi stampati all'interno, le note, i musicisti, le dediche e i ringraziamenti.
Naturalmente, stampare e vendere oggi i dischi in vinile può comportare qualche problema, visto che a parte il solito branco di dinosauri di cui fa parte il sottoscritto, le generazioni più giovani tendono a considerarlo antico quanto il velocipede o il treno a vapore. Per questa ragione, un giornale come il New York Times ha cercato, in un sapiente articolo, di “spiegare” il vinile ai giovani.
Innanzitutto, ha voluto spiegar loro che il vinile non si può “scaricare” sul pc: bisogna uscire di casa e comprarlo. Per fortuna c'è una “app” che, grazie al navigatore satellitare, individua il negozio più vicino e lo segnala, altrimenti bisognava chiedere a un passante e sai che stress. Poi, occorre che i ragazzi familiarizzino, oltre che con il disco, con il giradischi, il suo uso e i suoi inconvenienti. Ed ecco il New York Times introdurre alle nuove generazioni termini come “puntina”, “solco”, “graffio” e soprattutto “polvere”. Immagino le facce sgomente dei ragazzi. Che dirvi? Benvenuti nel mondo fisico.
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