Vite tempestose

Abbiamo visto le immagini provenienti dalle Filippine con orrore e pietà ma anche con la sotterranea riserva di chi, in fondo, giudica un poco irresponsabile, da parte di un popolo, andare a vivere in una parte del mondo tanto esotica ed esposta alle correnti.

Ora, un’alluvione ha colpito duramente la Sardegna, provocando morti e arrecando danni gravissimi. La faccenda diventa meno esotica, non è vero? Qui - diremmo se l’espressione non fosse troppo futile - andiamo sul personale.

Non pretendo di interpretare i segnali del cielo come facevano gli antichi ma se ci guardiamo un poco intorno, considerati i cambiamenti climatici, le tempeste economiche e la preoccupante depressione intellettuale del genere umano - evidentemente attratto dagli estremismi o, in alternativa, dall’ignavia più statica, ovvero dal vivere «sanza ’nfamia e sanza lodo» - è possibile, se non probabile, che si vada incontro alla necessità di affrontare tempi duri.

Messa così, sembra chissà quale emergenza. Se però, oltre che intorno, ci guardiamo indietro, non sarà difficile renderci conto che, nel passato, la gente ha sempre vissuto in tempi difficili. Afflitta da carestie e da morbi incurabili, falcidiata, in mancanza d’altro, da guerre il più delle volte inspiegabili, l’umanità a lungo non ha fatto altro che affinare l’arte di tener duro. Senza andare più a ritroso nel tempo delle vite affrontate dai nostri nonni o bisnonni, troviamo abbondanza di guerre, malattie ancora irrisolvibili e molte, ma molte, meno comodità nella vita quotidiana.

Se il vento cattivo - sia esso di origine naturale o finanziaria - non cesserà, dovremo trovare il modo di mettere, ancora una volta, sopportazione, frugalità, coraggio e solidarietà alla base delle nostre vite. Ciò significa che occorrerà finalmente imparare a riconoscere il necessario dal superfluo, l’utile dall’inutile e perfino il giusto dallo sbagliato. Significa inoltre che dovremo diventare gli eroi delle nostre vite quando, fino a oggi, al massimo ne siamo stati utenti.

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