Questo vorrebbe essere un articolo a sostegno della censura. Per prima cosa, però, sarà necessario impostare il discorso in modo che il termine “censura” non venga inteso nel senso negativo che oggi comunemente ha.
Di fatto, oggi, a nessuno piace la censura e tutti si schierano, compatti, a favore della libertà di parola e di opinione. Questo accade soprattutto quando la parola e l’opinione di cui sopra sono le nostre perché, quanto a quelle degli altri, in fondo non ci dispiacerebbe se venissero censurate. Un doppio metro di giudizio che si riscontra in altri ambiti. Consideriamo la privacy: tutti noi siamo a favore di norme e leggi che la tutelino, tranne quando si tratta della privacy altrui, allora può far comodo violarla a più non posso.
Possiamo chiamare tutto questo ipocrisia, ma si tratta di un atteggiamento comune al punto da dimostrare come, a seconda dei casi, la censura non sia sempre negativa e l’assenza di privacy non rappresenti in ogni caso la violazione di un diritto.
Non potrà fare scandalo, dunque, che io, approfittando della dose di ipocrisia a me assegnata, invochi la censura. Mitigherò la mia illiberale richiesta aggiungendo che, qui, parlo di un tipo di censura molto specifico: quello contro la stupidità. A mio avviso si tratta di un’esigenza non più differibile: non dopo che, ieri, una signora padovana si è augurata lo stupro per un ministro. Stupida la frase, insignificante il ruolo politico della signora (consigliere di quartiere), gigantesca l’eco del fatto: la notizia ieri è rimasta per ore sulle prime pagine dei siti d’informazione. Un tempo mediaticamente lunghissimo nel quale la nostra attenzione è rimasta inutilmente concentrata sull’uscita incauta di una persona senza cervello. Nell’interesse di tutti, meglio sarebbe stato censurarla. Così come si dovrebbe fare con tutti gli stupidi. Nel caso aveste difficoltà a riconoscerli, vale una semplice regola: gli stupidi non siamo noi. Di solito, sono gli altri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA