Ancora non ho visto il film “Interstellar” di Christopher Nolan (mi riprometto di farlo a breve). Non sono dunque in grado di esprimere un giudizio, tanto più che non sono un critico cinematografico. Purtroppo per voi, logica, professionalità e decenza non mi fermeranno e, pertanto, vorrei dire che questo film - non ancora visto, ribadisco - mi piace moltissimo.
La ragione è semplice e sfuggente insieme. Mi piace molto il fatto che “Interstellar” si ponga come un film intellettualmente ambizioso. Di film ambiziosi, in circolazione, non ne mancano ma spesso sono portatori di ambizioni più a scartamento ridotto. A volte si fondano su sceneggiature di fine sensibilità umana, altre volte puntano tutto sulla spettacolarità e sull’intreccio ricco di colpi di scena. Non di rado, ingaggiato un attore o un’attrice di particolare talento, lasciano che a fare tutto il lavoro sia lui, o lei.
Con “Interstellar”, ma anche con altri suoi film come “Inception” e “Memento”, Nolan ha invece la presunzione e perfino l’arroganza di girare film che sfidano l’intelligenza dello spettatore in una specie di gioco al rialzo visuale. In questo, egli forse viola la regola numero uno del box office e osa fare film più intelligenti della media del pubblico.
Intelligenti, in questo contesto, significa proprio concettualmente intelligenti, ovvero nel senso del quoziente della medesima intelligenza, e non intelligenti in fatto di eleganza del racconto o di raffinatezza culturale. “Interstellar” potrebbe essere anche un fallimento: mi interessa poco. Apprezzo Nolan per averci provato.
La tecnologia oggi ha messo in mano (e in tasca) a tutti noi obiettivi ad alta definizione eppure l’immagine, diffondendosi, si è banalizzata. Della nostra epoca rimarrà un’infinita galleria di autoritratti: gente in maglietta che sorride scioccamente. Nolan prova a farci pensare nella meraviglia del 3d. Viva la faccia. Che non è da selfie.
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