Il filosofo-divulgatore Alain De Botton dedica nel sito “The Book of Life” un articolo di discreta lunghezza alla (perduta) arte della conversazione. Sul tema De Botton articola una serie molto interessante di considerazioni, partendo dal fatto che tempo – o meglio: mancanza del medesimo - timidezza e status sociale cooperano a rendere sempre più difficile il conversare e improbabile la felice circostanza di incappare in una piacevole conversazione. C'è un particolare che il filosofo sottolinea al quale si dà, credo, troppo poca importanza: nel conversare quasi tutti evitiamo accuratamente di esporre i nostri dubbi, di raccontare i nostri fallimenti e di riferire le nostre debolezze. Questo, pensiamo, ci farebbe passare per deboli, inadeguati, piagnucolosi e inopportuni. In realtà, spiega De Botton, è molto più facile annoiare qualcuno con l'elenco dei nostri successi che con il resoconto – misurato – di una circostanza che ci ha visti sconfitti. Purtroppo, gli unici a cui mostriamo il nostro lato vulnerabile sono gli amici, sui quali però a volte mettiamo il carico non solo di ascoltare i nostri guai ma anche la responsabilità di risolverli. Conversare non è questo, dice De Botton, è tuttavia aggiunge che “dovremmo essere più coraggiosi nel parlare con il prossimo: chiedere di più a noi stessi e agli altri”. Senza pretendere né offrire soluzioni: solo esperienza e onestà. Vogliamo parlarne?
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