La reazione più comune, credo, è stata di affettuosa e sorridente simpatia: «Ma guarda questi cinesi! Copiano proprio tutto, anche i nostri viziacci italiani». Si nota perfino un certo compiacimento, un po’ da fratello maggiore divertito dal piccoletto che vede sforzarsi di imitare, nel bene e nel male, ogni suo vezzo.
A Pechino, dove si svolgono gli allenamenti di Milan e Inter in vista della Supercoppa italiana che, come logica vuole, si giocherà nella capitale dell’Impero Celeste, un tifoso milanista (cinese) si è seduto in mezzo ai tifosi interisti (cinesi) ed è stato malmenato rimediando alcune contusioni (cinesi).
Si comprende dunque come non manchino ragioni di orgoglio visto che, insieme a capi di alta moda e accessori di squisita fattura, la violenza negli stadi è uno dei nostri prodotti di tradizione più collaudata. Sarebbe auspicabile, per noi più che per i cinesi, uno sviluppo di questa tendenza. Perché circoscrivere il nostro apporto culturale a una manesca rivalità tra Milan e Inter? In fondo, siamo il Paese dei campanili e, con ciò, delle rivalità, dei motteggi, dei contenziosi risolti a schiaffi e pernacchie.
Non sarebbe esaltante assistere, tra qualche anno, allo spettacolo dei cinesi che si azzuffano dividendosi tra Berlusconi e Bersani, Di Pietro e Storace, prosciutto cotto e prosciutto crudo, pane sciapo e pane salato, Belen e Hunziker, Grande Fratello e Isola dei Famosi, pizza e focaccia, Moser e Saronni, barolo e brunello, Wilma Goich e Betty Curtis?
A Pechino, dove si svolgono gli allenamenti di Milan e Inter in vista della Supercoppa italiana che, come logica vuole, si giocherà nella capitale dell’Impero Celeste, un tifoso milanista (cinese) si è seduto in mezzo ai tifosi interisti (cinesi) ed è stato malmenato rimediando alcune contusioni (cinesi).
Si comprende dunque come non manchino ragioni di orgoglio visto che, insieme a capi di alta moda e accessori di squisita fattura, la violenza negli stadi è uno dei nostri prodotti di tradizione più collaudata. Sarebbe auspicabile, per noi più che per i cinesi, uno sviluppo di questa tendenza. Perché circoscrivere il nostro apporto culturale a una manesca rivalità tra Milan e Inter? In fondo, siamo il Paese dei campanili e, con ciò, delle rivalità, dei motteggi, dei contenziosi risolti a schiaffi e pernacchie.
Non sarebbe esaltante assistere, tra qualche anno, allo spettacolo dei cinesi che si azzuffano dividendosi tra Berlusconi e Bersani, Di Pietro e Storace, prosciutto cotto e prosciutto crudo, pane sciapo e pane salato, Belen e Hunziker, Grande Fratello e Isola dei Famosi, pizza e focaccia, Moser e Saronni, barolo e brunello, Wilma Goich e Betty Curtis?
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