Zingarata al Cnel

«Occorre mettersi al lavoro rapidamente, interpellare tutte le categorie rappresentative e ricostituire». Non è Mattarella, a parlare, e neppure Donald Trump. La dichiarazione di cui sopra, rilanciata dall’agenzia Ansa, va attribuita a Delio Napoleone, presidente facente funzione del Cnel, l’organo uscito indenne dalla “minaccia” di cancellazione contenuta nella riforma costituzionale elaborata dall’ormai defunto governo Renzi.

Dubito che gli italiani abbiano votato “no” (quasi) in massa preoccupati della sorte di questo organo, per quanto costituzionale esso sia, ma il risultato è quello: il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) è intatto e pronto, nelle parole del suo presidente, a «mettersi al lavoro».

È forse significativo che il presidente abbia detto «mettersi» e non «rimettersi», il che spiega perché l’attività del Cnel sia passata inosservata ai più almeno negli ultimi tempi. Lo scampato pericolo deve aver inferto una scossa ai consiglieri (attualmente 25 in tutto) e ai dipendenti (una cinquantina) che, ieri mattina, si devono essere presentati in ufficio galvanizzati, pronti a salire ai livelli di produttività delle catene di montaggio giapponesi.

Il referendum, nel suo esito favorevole al Cnel, ha dunque esercitato un benefico effetto-strizza, un po’ come il rossore sulle fronti di chi, un tempo, cercava di contrastare la calvizie con Endoten Control. Ancora meglio, l’operazione-fifa ricorda la “zingarata” del film “Amici miei” nella sequenza in cui la banda dei burloni piomba in un paese dei colli toscani e, fingendo di occuparsi delle misurazioni per il passaggio di una fantomatica «autostrada delle Ginestre», annuncia la demolizione di gran parte dell’abitato, non esclusa la chiesa.

Forse è questo il segreto del cambiamento: non cambiare nulla, in realtà, ma minacciare per scherzo di farlo. Uno stimolo al rilancio efficace e alla portata del cialtronismo nazionale.

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