Per me, sono un enigma. Quasi certamente lo sono anche per se stessi. Parlo degli studenti o, se preferite, dei ragazzi.
La stampa li descrive come "indifferenti", ricavando da qualche antipatico episodio di bullismo la radiografia di una generazione di sociopatici, di imberbi zombie privi di sentimenti. D’altro canto, a convenienza, gli stessi media non esitano a cogliere dei giovani tratti passionali, impegnati, una superiore maturità rispetto alla generazione che li ha preceduti e un’inclinazione alla creatività particolarmente accentuata.
Dilemma irrisolvibile. Forse persino interrogando loro, i ragazzi, uno a uno, non riusciremmo a capire: in fondo ognuno di loro finirebbe, giustamente, per rivendicare la sua individualità restituendo a noialtri il compito, del tutto artificiale, di definire un concetto generico come quello di "giovani". Se posso però dire la mia, avendo osservato un folto gruppo di loro rappresentanti stringersi all’inverosimile, la mattina, sul treno che avrebbe dovuto condurli a scuola e, pur nell’intollerabile scomodità, nell’evidente disprezzo della sicurezza dimostrato dal gestore ferroviario (il governo del trasporto pubblico in Lombardia, regione di dieci milioni di abitanti, non si sa se è più ridicolo o tragico, quasi certamente è criminale), non c’è chi osi lamentarsi, sbuffare o in qualunque modo dar segno di essersi accorto che il servizio dovrebbe essere molto ma molto diverso e che neanche un convoglio di eubatteri meriterebbe un trattamento simile.
Ma, a giudicare dalle loro espressioni, dai sorrisi e dagli scherzi, forse ai ragazzi sembra scontato dover viaggiare su treni affollati per raggiungere scuole cadenti e ricevere un’educazione che li porterà senza garanzie sulla soglia di un mondo del lavoro refrattario. Solo per questo, zombie o creativi, sono già molto meglio di noi.
La stampa li descrive come "indifferenti", ricavando da qualche antipatico episodio di bullismo la radiografia di una generazione di sociopatici, di imberbi zombie privi di sentimenti. D’altro canto, a convenienza, gli stessi media non esitano a cogliere dei giovani tratti passionali, impegnati, una superiore maturità rispetto alla generazione che li ha preceduti e un’inclinazione alla creatività particolarmente accentuata.
Dilemma irrisolvibile. Forse persino interrogando loro, i ragazzi, uno a uno, non riusciremmo a capire: in fondo ognuno di loro finirebbe, giustamente, per rivendicare la sua individualità restituendo a noialtri il compito, del tutto artificiale, di definire un concetto generico come quello di "giovani". Se posso però dire la mia, avendo osservato un folto gruppo di loro rappresentanti stringersi all’inverosimile, la mattina, sul treno che avrebbe dovuto condurli a scuola e, pur nell’intollerabile scomodità, nell’evidente disprezzo della sicurezza dimostrato dal gestore ferroviario (il governo del trasporto pubblico in Lombardia, regione di dieci milioni di abitanti, non si sa se è più ridicolo o tragico, quasi certamente è criminale), non c’è chi osi lamentarsi, sbuffare o in qualunque modo dar segno di essersi accorto che il servizio dovrebbe essere molto ma molto diverso e che neanche un convoglio di eubatteri meriterebbe un trattamento simile.
Ma, a giudicare dalle loro espressioni, dai sorrisi e dagli scherzi, forse ai ragazzi sembra scontato dover viaggiare su treni affollati per raggiungere scuole cadenti e ricevere un’educazione che li porterà senza garanzie sulla soglia di un mondo del lavoro refrattario. Solo per questo, zombie o creativi, sono già molto meglio di noi.
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