La salita ritrovata

Ammettetelo. Gli scettici erano in netta maggioranza. Già perché la Coppa Agostoni senza il Lissolo è come la Juventus senza la maglia a strisce bianconere. Invece, il nuovo percorso andato in scena di venerdi 17 con la regia dello Sport Club Mobili Lissone ha ampiamente superato ogni verifica. Certo, merito della mitica salita al santuario della Madonna del Ghisallo, buona per tutti i piatti come la rucola infilata tanto nella pizza quanto nella bresaola, ma merito anche dell’ascesa al Cagliano, poco meno di quattro chilometri a cinquanta chilometri dall’arrivo e dopo essersi sciroppati anche il Colle Brianzola dal versante di Brianzola e Piecastello. Per quelli come il sottoscritto, che pedalano da queste parti, non si tratta di una scoperta. Già l’avevano sperimentata le ragazze del Giro Donne un paio d’anni fa durante una tappa conclusasi poi a Montevecchia ma era stato un episodio isolato. Colpa delle pendenze, si capisce, che in taluni tratti superano il 20 per cento e che mettono a dura prova persino le gambe dei professionisti e suscitano terrore in quelle degli amatori. Ma il coraggio degli organizzatori merita un cenno ulteriore perché questa è un salita vera e una salita bella, con lo sguardo che spazia in tutta la Brianza pomposamente definita Chiantishire (non troppo pomposamente, ora che mi ci fate pensare) fino ad arrivare ben oltre Lissone. Da ciclista della domenica in licenza premio – ah, benedette ferie – sono salito anch’io, di venerdì 17, sulle rampe del Cagliano. Per due volte a stretto giro di posta (modestamente) quando l’orologio era ancora fermo sul 9 e soltanto gli uomini dell’organizzazione passavano di quelle parti per fissare transenne e traguardi volanti del Gran Premio della Montagna. Quattro chilometri interamente percorsi con il rapporto più agile consentito dal compact (e una velocità da crociera) consentono di arrivare fino alla Trattoria Pizzagalli prima e al bivio per San Genesio poi con tanta fatica ma altrettanta soddisfazione. Nulla di paragonabile, sia chiaro, rispetto a quanto visto fare poche ore dopo da Emanuele Sella, Pozzovivo e Di Luca ma c’è motivo, una volta scollinati a Giovenzana ed essersi tuffati nella pazza discesa fino a Piecastello, per ritrovare l’orgoglio perduto. I telecronisti della Rai non la smettevano più di sottolinearlo e gli organizzatori hanno di che essere soddisfatti. Molto meglio del Lissolo che è troppo breve per fare selezione e che, ripetuto ossessivamente, diventa persino monotono. La salita giusta, insomma, per rilanciare una corsa da massacro – 92 ritirati e scusate se è poco – ma che meriterebbe una rosa di corridori di primissimo piano per entrare di diritto nel meglio che c’è in Italia. E pazienza se il giorno successivo, a causa dei neuroni liquefatti dalla calura agostana, il distratto titolista di un quotidiano milanese l’abbia definita la Coppa… Arrrigoni. Non si può avere tutto dalla vita. E neppure dal ciclismo.
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