L'ultima pedalata

L'ultima pedalata

Si chiamava Valerio e correva in bicicletta. Aveva 18 anni, appena qualcuno in più di mio figlio. La sua vita è finita sotto le ruote di un furgone mentre si stava allenando. Mai come in queste circostanze le parole sono inutili.  Viene da sorridere amaramente, davanti a simili tragedie, quando si pensa all'eterna lotta tra chi, come noi, va in bicicletta e chi, stretto al suo volante, chiede spazio a colpi di clacson. Già, perché qui non ci sono i luoghi comuni che ci accompagnano ogni domenica... Il ciclista che procede affiancato al suo compagno chiacchierando amabilmente mentre alle loro spalle si forma la coda, il ciclista con la pancia che sta in mezzo alla carreggiata incurante del mondo che deve lavorare, il ciclista che non si ferma al semaforo perché non vuole slacciare i pedalini, il ciclista che non va sulle sue piste che ci sono ormai dappertutto e, accidenti, si sente il padrone della strada... No, in questo caso, c'è solo un ragazzo di 18 anni che non aveva paura della fatica e che pedalava incontro al suo sogno, incolonnato insieme ai suoi compagni di allenamento, con una ammiraglia che li seguiva a prevenire i pericoli. E' scivolato, dicono, su uno strato di ghiaia che stava sul ciglio della strada ed è caduto dalla parte sbagliata, mentre sopraggiungeva un furgone. Un proverbio africano dice che tu puoi svegliarti anche molto presto all'alba. Ma che il tuo destino si è comunque svegliato mezz'ora prima di te. Chissà, forse c'è del vero. Addio Valerio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA