La crisi non ferma la fede. Non può. Non deve. Anche se all’inizio sembrava. La città di Como, negli anni, è riuscita a raccogliere 13 miliardi per ristrutturare il 98 per cento del duomo. Tra il 1979 1997 entravano soldi a cascata grazie all’impegno di monsignor Pietro Pini, custode del duomo e motore della Provvidenza secondo il racconto che ne fa Giuliano Ballabio, direttore dei lavori dal primo ponteggio all’ultimo. "Fu difficile anche allora", dice Ballabio. Ma poi i soldi arrivarono. E ne arrivarono tanti. Ma non c’è crisi che fermi la fede. E’ la tradizione delle famiglie del lago. Dove le nonne portavano in tavola un pezzo di polenta, ma riuscivano sempre a riempire i cestini delle chiese. E a Natale e a Pasqua arrivava anche la busta. Le chiese le ha costruite la fede, figurarsi se non ci sono i soldi per tenerle in ordine. Appena i comaschi hanno letto, hanno iniziato a scrivere: su che conto versiamo i soldi? Eccoli pronti all’appello. Le due absidi a fianco all’altare. Quel due per cento che ancora manca all’appello saranno sistemate. Perché il Duomo racchiude un segreto, che si può scoprire solo entrando. Non importa se è estate o inverno. Se fuori piove o splende il sole. Non fa differenza se la piazza è deserta. Se si entra dai portoni del duomo si troverà sempre una folla. La fede va sempre di moda. Anche se da fuori non si vede.
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