Solo il problema, nessuna soluzione

Solo il problema, nessuna soluzione

Quando tutti sanno qual è il problema e nessuno riesce a trovare una soluzione, arrivano i guai. E gli italiani, nei guai, ci stanno da mesi.
Il problema è che i consumi si sono arenati. La crisi ha fatto perdere posti di lavoro così tanti che si fa prima a dire chi ce l'ha ancora il lavoro, piuttosto che elencare le imprese defunte.
Comprare piace a tutti, ma spendere (in tasse, bollette, pseudo servizi, benzina che costa più del latte, non piace più a nessuno, soprattutto se al Governo c'è un premier che ha deciso di salvare un Paese facendo collassare i suoi abitanti.
Il punto è: da che parte si esce? Qual è la soluzione per salvare chi si manteneva e dava lavoro fabbricando cucine, costumi, barche, auto, occhiali, abiti, pentole o qualunque altra cosa abbia riempito le case degli italiani fino a oggi?
E questo il punto. La mancanza di riposta. Nonostante le voci in campo per cercarle siano autorevoli.
Il Corriere della sera lancia un concorso per le idee dei giovani.
Giusi Ferrè nel suo libro dice che le donne ormai si sono fatte un guardaroba e nessuna ha voglia di buttare tutto a ogni cambio di stagione come vorrebbero gli stilisti. Pierluigi Battista, su Style, scrive che a furia di scaricare musica e film gratis moriranno anche le case discografiche e di produzione perchè se nessuno compra non ci sono soldi per pagare cantanti, attori e tecnici. Lo stesso vale per i libri e i giornali che sono in crisi nera.
Ora. Uno studio Nielsen sostiene che la crisi ci renderà più furbi e capaci. Che le donne, motore dell'economia, impareranno a scegliere tra il miglior rapporto qualità- prezzo. A parte che la strada di buone intenzioni è lastricata da un sacco di «lo compro, tanto costa solo x euro», resta comunque il problema. E non c'è nessuna soluzione.
E non è un caso che la gente affolli i bar da mattino a sera lasciando pensioni misere e stipendi da fame dentro le macchinette mangiasoldi gentilmente offerte alla distruzione umana dallo Stato. E' un altro sintomo di quanto sia grave la malattia di un Paese che si racconta che vuole guarire. Ma non sa neanche da parte cominciare.
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