Buona domenica,
la notizia della settimana, per quanto mi riguarda, è l’accertamento compiuto da scienziati finlandesi (i migliori, i più freddi, pieni di xylitolo) di quello che le future mamme sanno per istinto: il bimbo ascolta e impara la musica già quando è in fase di gestazione (la creatura, non la musica). Insomma, durante la gravidanza se gli fate ascoltare qualcosa, poi se lo ricorderà. A voi la responsabilità di fargli ascoltare Rihanna, Gué Pequeno o i Modà con il rischio che poi nascano già con i piercing, una rinoplastica e che la prima parola non sia “mamma”, bensì “BAILA”.
IL DISCOBOLO
ROCK
YES
The studio albums 1969 – 1987 (Atlantic)
Da un po’ di tempo a questa parte le case discografiche hanno la tendenza a ristampare integralmente in cofanetto il catalogo dei loro artisti proponendolo a prezzi (quasi) stracciati. Se in alcuni casi il gioco vale la candela, ma resta comunque una bella spesa (è appena uscita l’opera omnia di Dylan, che 170 sacchi per 41 dischi son pochi, ma 170 sacchi nell’ambito di 170 sacchi sono un’enormità), in altre occasioni, come questa, l’affare conviene. Prendo ad esempio il box degli Yes – sempre pensando che dovrete pur regalare qualcosa a qualcuno a Natale (a ME per esempio) – perché è eccellente. Ci sono tutti i dischi in studio realizzati per l’etichetta americana, dall’acerbo Yes all’indigesto Big generator. Sono gli estremi della prima parte della carriera di un moumento del rock progressivo: nel mezzo gli estimatori del genere (ri)troveraranno alcuni dei caposaldi (The Yes album, Fragile, Close to the edge e Going for the one), album controversi (Tales from the topograpic oceans e Drama, il primo perché “troppo Yes”, il secondo perché “troppo poco Yes”), sottovalutati da riscoprire (Time and a word e Relayer), pastrocchi (Tormato) e l’unico grande successo vero (90125, quello di Owner of a lonely heart). Ma gli estimatori dovrebbero avere tutto. Già, ma questo scatolo tiene in conto anche tutte le bonus delle ultime ristampe e sta a, circa, 35 sacchi. È pieno di storie straordinarie:
https://www.youtube.com/watch?v=XKym2kNvklI&feature=youtube_gdata_player
BAROCK
L’ARPEGGIATA – CHRISTINA PLUHAR
The complete Alpha recordings (Alpha)
Tra il 2000 e il 2005 questo ensemble diretto dalla ricercatrice e virtuosa di tiorba Christina Pluhar, ha aperto nuove strade nella riscoperta e nell’interpretazione del repertorio Barocco. I cinque dischi realizzati per l’etichetta Alpha sono alcuni dei migliori risultati di questa ricerca e ancora si propongono come punti di riferimento grazie all’eccezionale qualità artistica unita all’alta fedeltà delle incisioni. Questa antologia li raccoglie a un prezzo contenuto (attorno ai 40 sacchi) e comprende La villanella di Giovanni Girolamo Kapsberger, il meraviglioso Homo Fugit Velut Umbra di Stefano Landi, la proto – opera Rappresentatione di anima, et di corpo di Emilio De’cavalieri, La tarantella realizzato con la collaborazione di Lucilla Galeazzi e Gian Luigi Trovesi, e All’improviso. Dategli una casa:
https://www.youtube.com/watch?v=PBwMTodmrjk&feature=youtube_gdata_player
BLACK
BOBBY WOMACK
Everything’s gonna be alright – The American singles 1967 – 76 (Charly)
Allora, non sarà di nicchia quanto il rock progressivo (tutt’ora odiatissimo da una frangia di stolti che rifiutano di coalizzarsi contro il nemico comune), ma anche la musica nera, quella vera, non conta mai abbastanza estimatori. Peccato, perché poi ci si perdono le perle di artisti come Womack, che hanno davvero segnato la storia del soul e del rhythm’n’blues contribuendo a creare un genere a parte mescolando tutte le influenze per dare vita a brani esaltanti come quelli conteniuti in questa doppia raccolta con tutti i lati A e B dei singoli pubblicati nel periodo migliore della sua carriera. Il perfetto punto di fusione tra il sound pop della Motown e il ruvido R&B della Stax, senza dimenticare qualche digressione tra acidi e fumogeni. Metto un brano noto a tutti a dimostrazione delle capacità dell’uomo:
https://www.youtube.com/watch?v=SDhDeAzbGsE&feature=youtube_gdata_player
BIBLIOPATIA
POSATO
99 cose da fare per arricchirsi... di allegria, ridere, riposo e curiosità di Francesca Marchegiano e Marco Posa (Officina della Narrazione, 204 pagine illustrate, 12 sacchi)
Chi ha amatoil delizioso – e mortifero – Piccolo abbecedario macabro di Posa, apprezzerà indubbiamente questa nuova operina, tanto piccola di formato e di contenuto quanto ricca di spunti di riflessione forniti dai piccoli consigli di Francesca. Mi ha ricordato Grapefruit di Yoko Ono, che poteva sembrare banale allora (lo ha realizzato prima di farsi odiare da mezzo mondo “traviando” Beatle John), ma con pochi “ordini” come respira e pensa invitava a recuperare un presente che sfugge sempre di più. Qui gli spunti sono più articolati e le visualizzazioni di Posa strappano sempre un sorriso acconcio al “comando” impartito.
RECHERCATO
Proust. Frammenti di immagini di Roberto Peregalli (Bompiani, 334 pagine illustrate, 25 sacchi)
Questo è un libro meraviglioso fin dall’aspetto, con una rilegatura in tela che lo “antica” di almeno un centinaio d’anni, giusto al 1913 de La strada di Swann. Prima la scheda del libro ufficiale: “Un libro sulla fragilità e la caducità delle cose, sui dettagli apparentemente più insignificanti ma che danno forma alla nostra vita. È una lettura della Recherche che tocca le corde del nostro sentire e ci invita a riflettere sui falsi miti che invadono sempre più prepotentemente il nostro mondo. Se il lettore è già entrato nella cattedrale di Proust, coglierà le singolari sfaccettature di cui è fatto questo libro; se non vi è ancora entrato, questo libro sarà un modo speciale per accedervi”. Questo per dire che non occorre avere letto il corpus proustiano per apprezzare un libro che, volendo, più che un Bignami (perché un po’ lo è) è un viatico per convincere chi si è sempre fatto spaventare dalla mole dell’impresa (io ogni anno impiego diciotto giorni a rileggere l’Ulisse mentre ho speso sette anni a leggere Proust, uno all’anno, senza mai più ritrovare il tempo per ripartire, e di ciò mi dulgo. Ah, questo tempo ritrovato...
DESAFINADO
La musica secondo Tom Jobim (con A luz do Tom) di autori vari (Feltrinelli, 80 pagine con dvd, 17.90 sacchi)
A rigor di logica bisogna parlare del film e non del libro, ma è un prodotto da libreria e quindi sta qui (non è fantastico darsi delle regole da soli – tre dischi, tre libri, tre film – per poi infrangerle beatamente dopo mille crucci?). Si tratta di un omaggio all’arte ineguagliabile di Jobim sulla lunghezza di due documentari. Nel primo c’è solo musica, la sua musica, che fa il giro del mondo, di interpretazione in interpretazione, di Paese in Paese, di voce in voce. Nell’altro le sue tre donne – la sorella Helena e le due mogli Thereza e Ana – lo raccontano. L’esile volume I maestri del sogno curato da Gianluca Scarpellino, comne purtroppo accade troppo spesso in questa collana, è poco più di un pretesto, ma contiene pagine interessanti. Occhio a non cedere alla saudade.
LA TELEVISIÙN
Lunedì 18 novembre, Raimovie, ore 1.20
E la nave va (Italia, 1983, 132 minuti) di Federico Fellini con Freddie Jones, Barbara Jefford, Philip Locke, Victor Poletti e Peter Cellier
Un transatlantico, Gloria N., è pronto a salpare. Siamo nel porto di Napoli, è il luglio del 1914. Intorno al molo una folla di scugnizzi e venditori ambulanti, mentre in fretta giungono i passeggeri per imbarcarsi. Arrivano anche le ceneri di una famosa cantante, Edmea Tetua; è per spargere queste in mare che è stata organizzata la crociera verso Erimo. A bordo c'è anche un giornalista, Orlando, che intrattiene i passeggeri, in gran parte cantanti, direttori d'orchestra, ammiratori di Edmea. Una cantante vuole carpire i segreti della sua bravura; un nobile italiano trasforma la sua cabina in un tempio dedicato ad Edmea. Dalla stiva sale il fetore insopportabile di un rinoceronte, che poi viene issato sul ponte e lavato. Vengono raccolti naufraghi serbi fuggiti dopo l'attentato di Sarajevo. La vita a bordo si anima, finché giunti in vista di Erimo le ceneri di Edmea sono sparse in mare. Un serbo lancia una bomba contro una nave da guerra austro ungarica e questa cannoneggia la Gloria N. che affonda; anche l'ammiraglia austro ungarica cola a picco esplodendo. Il giornalista Orlando si ritrova su una scialuppa di salvataggio assieme al rinoceronte, che rumina placidamente.
NdA: non è certo una rarità, ma sono molto affezionato a codesto film che rispunta nel periodo ventennale della scomparsa di FF e a trent’anni dalla sua realizzazione. Lo vidi al cinema, all’aperto, al mare, QUEL mare (Adriatico, a pochi chilometri da Rimini), in un cinema che altrimenti proiettava Sapore di mare, Segni particolari bellissimo e Il tassinaro. Era la prima sera dopo un viaggio lunghissimo e tortuoso per motivi che nemmeno ricordo, e più o meno all’alezza della partenza del transatlantico (circa a 8 minuti dall’inizio) mi addormentai clamorosamente, io che non dormo mai. E continuai a svegliarmi e riaddormentarmi, godendomi il film come non mai, anche se non me ne resi conto. Da allora l’ho rivisto innumerevoli volte, amandolo sempre di più, ma nessuna è più stata come quella...
Martedì 19 novembre, 7 Gold, ore 21.10
55 giorni a Pechino (Usa, 1963, 150 minuti) di Nicholas Ray con David Niven, Harry Andrews, Charlton Heston, Flora Robson e Ava Gardner
È una drammatizzazione della battaglia di Pechino, durante la Ribellione dei Boxer, che venne combattuta nel 1900. Allo scopo di liberarsi dall'invasione straniera, l'imperatrice Tzu-Hsi utilizza la società segreta Boxer per attaccare gli stranieri in Cina. La battaglia si conclude con l'assedio delle legazioni straniere a Pechino. Il film si concentra sulla difesa delle legazioni, dal punto di vista delle potenze straniere ed il titolo si riferisce alla durata della difesa delle potenze coloniali nel quartiere di Pechino ove erano ubicate le legazioni stesse.
NdA: ogni tanto su quei canali dove non si sa mai che film sta passando (il tasto delle informazioni del telecomando è inerme) si colgono piccole perle come questa. È da riscoprire proprio per la sua imperfezione che costruisce a tutta l’opera una sottile aria decadente. Ray non lo completò, colpito da non meno di un paio di infarti durante la lavorazione, lasciando collaboratori e interpreti allo sbando, ma la macchina del cinema Usa doveva andare avanti e il risultato, alla fine, resta affascinante anche se non piace a molti critici.
Venerdì 22 novembre, Raitre, ore 5.35
Roma città libera (La notte porta consiglio) (Italia, 1946, 90 minuti) di Marcello Pagliero con Vittorio De Sica, Andrea Checchi, Valentina Cortese e Ennio Flaiano
Roma, 1945. Sullo sfondo di una città liberata da poco più di un anno dal nazi-fascismo, si intrecciano i drammi personali di un giovane – ridotto alla disperazione dalla propria fidanzata – e di una ragazza ancora minorenne che prova a prostituirsi perché il suo onesto e faticoso lavoro di dattilografa non le permette di racimolare tutto il denaro necessario a pagare l’affitto della camera ammobiliata in cui abita.
NdA: un film misconosciuto nonostante il cast importante e un pool di sceneggiatori da urlo (con Flaiano, Zavattini e Cecchi d’Amico), poco apprezzato all’epoca e ora trasmesso nel solito deprecabile orario da assassini...
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