ALTERINCOM, VOL. VI

Buona domenica,

la notizia culturale - e voglio sottolineare culturale - della settimana è stata indubbiamente la comunicazione del ritorno sulle scene dei Monty Python, che si possono amare o odiare, ma se li odiate che mi leggete a fare? Andate pure a baloccarvi con Zalone, Pieraccioni (che nel nuovo film ha l'inedito ruolo di un eterno Peter Pan) attendendo l'uscita di Indovina chi viene a Natale?, un film che ha il pregio di rappresentare, contemporaneamente, il punto più basso delle carriere di Abatantuono, Bisio, Raoul Bova (che non ha le braccia e la cosa deve fare molto ridere), Cristiana Capotondi (che almeno lei grand'attrice non lo è mai stata), Angela Finocchiaro, Claudia Gerini e - quel che fa più male - all'età sua pure Isa Barzizza. Mentre i cinque Monty Python superstiti, lo son certo, pur agendo per lo stesso nobile motivo dei colleghi nostrani (non I SOLDI, come si può erroneamente pensare, ma QUEL BEL MUCCHIO DI SOLDI, op. cit.) non deluderanno. Chi, infine, pensa che codesta notizia non sia né culturale né seria, sappia che è comunque più culturale e seria dell'altra: "Con la cultura si DEVE mangiare", ha detto un tale. Bravo, ma non aveva la bocca piena.

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"Una mentina di cultura?"


DISCOPATIA

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PAISLEY UNDERGROUND (?)

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MAZZY STAR

Seasons of your day (Rhymes of an Hour)

Innanzitutto vien subito da chiarire che Rhymes of an Hour è il nome di una casa discografica e non un altro pezzo del titolo di un album che suscita tanti ricordi. O, almeno, dovrebbe suscitarle in chi si ricorda dei Mazzy Star, il duo formato con Hope Sandoval (una ragazza chiamata Speranza, che in Italia è poi nome da anni Venti, circa Gennargentu) da Dave Roback, ex Opal, ex Rain Parade, assieme a Steve Wynn (Dream Syndicate) e Dan Stuart (Green on Red) uno dei mostri sacri di quel genere a cavallo tra garage rock e psichedelia che venne denominato paisley underground negli anni Ottanta e... No, eh? Uff, chepparloaffà. Pensiamo al presente. Dopo un lungo silenzio, anche se tecnicamente non si sono mai sciolti, i due tornano con una mancata di canzoni oggi come allora ricche di suggestioni eteree e impalpabili, vicine a certe intuizioni dei Cocteau Twins. Musica per i tramonti autunnali, da ascoltare guardando un’immagine della Sandoval chiedendosi come NON ha fatto a invecchiare in tutti questi anni. E chissà cos’ha fatto in tutti questi anni. Che sia andata a letto presto? Voi addormentatevi con questo:

https://www.youtube.com/watch?v=GuccUMcsLdQ&feature=youtube_gdata_player

 


CANTAUTORALIA

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ISRAEL NASH

Israel Nash’s rain plans (Continental Song City)

Uno dei motivi dell’esistenza di codesto supplemento è (anche) quello di segnalare cose che, normalmente, non si trovano sulle riviste e i giornali né si incontrano nei siti generici. Non che Israel Nash (che si chiama anche Gripka, ma apparentemente ha rinunziato al secondo cognome, comunque, per chi lo conosce, sì, è lui e non un quasi omonimo) sia uno sconosciuto. Anzi, nel comasco ha suonato già diverse volte proponendo i brani dei suoi due album New York Town e Barn doors and concrete floors. Rain plains è l’opera numero tre e guarda avanti volgendosi indietro. Come si può intuire dalla copertina (un po’ hippy, un po’ native american) il territorio è una terra di nessuno tra Canada e Usa perché dal Canada giunsero sia quattro quinti della Band che Neil Young e il disco si colloca, al terzo angolo di un triangolo che ha agli altri due vertici Music from Big PinkEverybody knows this is nowhere. Che c’è di nuovo? Niente, ed è questo il bello (scrisse l’uomo stufo di innovatori che cercano di stupire a vanvera). Sentite un po':

https://www.youtube.com/watch?v=Lur7cI1Sq4Y&feature=youtube_gdata_player


CAPOLAVORO

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LUCIO DALLA – ROBERTO ROVERSI

Nevica sulla mia mano (Rca / Sony) 69.90 sacchi (di questo indico il prezzo perché, al contrario degli altri dischi, esso è consigliato in copertina)

Uno dei motivi dell’esistenza di codesto supplemento è (anche) quello di segnalare cose che, normalmente, non si trovano sulle riviste e i giornali né si incontrano nei siti generici. Ma di questo cofanetto parlano tutti. E allora? Allora è così bello che non si può tacerne perché le operazioni culturali sulla musica pop italiana si contano, purtroppo, sulle dita di una mano. Anche meno: dopo il box che riuniva gli spettacoli teatrali di Gaber, c’è stato lo strabiliante cofanetto dedicato alla carriera concertistica di De André e ora c’è Nevica sulla mia mano, una lussuosa confezione (stesso formato di quella di Faber) con quattro dischi che recuperano un periodo fondamentale della vita artistica di Lucio Dalla, gli anni della collaborazione con Roberto Roversi. Da una parte c’era un artista che aveva fatto una lunga gavetta prima di segnalarsi al pubblico con 4/3/1943 e Piazza Grande, alle spalle tre dischi estrosi, ma ancora in cerca di una dimensione come autore. Dall’altra un intellettuale con vent’anni di più (classe 1923), libraio, scrittore, poeta, giornalista, amico di Pasolini e per un certo periodo anche direttore di Lotta Continua. Insomma, per usare il titolo che Dalla diede a una sua poesia, un Comunista. E militante anche. Un incontro, fra i due, che portò alla realizzazione di tre album importanti sia per il cantante e musicista non ancora cantautore, che per tutta la storia della musica “leggera” italiana. Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili sono costantemente citati dagli estimatori di Dalla che vogliono rimarcare la profonda differenza con la popstar degli anni Ottanta e Novanta. Chi, invece, ha conosciuto Lucio proprio grazie all’apertura commerciale, forse questi dischi non li ha neppure mai ascoltati, eccetto le poche canzoni riprese in seguito tra cui spicca Nuvolari mentre Il motore del Duemila finì, fatalmente, in uno spot televisivo. Bene, questa operazione che arriva troppo tardi, quando il poeta e il musicista si sono congedati da noi, è quanto di meglio si poteva sperare. Contiene i tre dischi, ma anche un quarto cd di inediti e un libro accuratissimo, ricco di foto rare, testi manoscritti e dattiloscritti, dichiarazioni, frasi, attestati di stima e anche veementi dichiarazioni d’odio. E sì, perché il rapporto idilliaco tra un “paroliere” che è solo insulto definire tale e un compositore che sbocciava imparando a sposare parole e note, si interruppe sulla soglia dell’opera numero tre. Doveva chiamarsi Il futuro dell’automobile, contenere quasi il doppio dei brani e, nelle intenzioni di Roversi, raccontare polemicamente la storia dell’Italia industrializzata sulla scorta della storia del mezzo di trasporto per eccellenza. Ma così non fu, per imposizione discografica e per il benestare di Dalla che “tradì” l’amico e collaboratore. Tutto finì bene, con una riconciliazione, troppi anni dopo, ma prima che fosse troppo tardi. Peccato non ci siano video, ma ovvio io:

https://www.youtube.com/watch?v=Dk86vc2S9yk&feature=youtube_gdata_player


BIBLIOBABELE

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TERAPICO

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Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno di Ella Berthoud e Susan Elderkin (Sellerio, 637 pagine, 18 sacchi)

La scheda: Si può curare il cuore spezzato con Emily Brontë e il mal d'amore con Fenoglio, l'arroganza con Jane Austen e il mal di testa con Hemingway, l'impotenza con Il bell'Antonio di Brancati, i reumatismi con il Marcovaldo di Calvino, o invece ci si può concedere un massaggio con Murakami e scoprire il romanzo perfetto per alleviare la solitudine o un forte tonico letterario per rinvigorire lo spirito. Questo suggeriscono le ricette di un libro di medicina molto speciale, un vero e proprio breviario di terapie romanzesche, antibiotici narrativi, medicamenti di carta e inchiostro, ideato e scritto da due argute e coltissime autrici inglesi e adattato per l'Italia da Fabio Stassi, autore de L'ultimo ballo di Charlot. Se letto nel momento giusto un romanzo può davvero cambiarci la vita, e questo prontuario è una celebrazione del potere curativo della letteratura di ogni tempo e paese, dai classici ai contemporanei, dai romanzi famosissimi ai libri più rari e di culto, di ogni genere e ambizione. Queste ricette per l'anima e il corpo, scritte con passione propongono un libro e un autore a rimedio di ogni nostro malanno, che si tratti di raffreddore o influenza, di un dito del piede annerito da un calcio maldestro o di un severo caso di malinconia. Le prescrizioni raccontano le vicende e i personaggi di innumerevoli opere, svelano aneddoti, tratteggiano biografie di scrittori illustri e misconosciuti in un invito ad amare la letteratura.

NdA: aggiungo solo che nell’edizione italiana, come in tutte le versioni internazionali su volontà delle autrici, il curatore ha potuto partecipare al prontuario aggiungendo ingredienti nostrani ai pochi presenti nell'originale. È un volume delizioso, anche divertente, soprattutto se si dissente da certe scelte. Non fatevi spaventare dalla mole, ottima idea regalo per amica intellettuale e amico ipocondriaco.


ONIRISOLISMO

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Atlante delle isole remote. Cinquanta isole dove non sono mai stata e mai andrò di Judith Schalansky (Bompiani, 143 pagine illustrate, 21,50 sacchi)

La scheda: Con questo atlante, Judith Schalanslcy ci conduce in cinquanta isole remote, lontane da tutto e da tutti che non troverete mai con Google Earth: da Tristan da Cunha fino all'atollo di Clipperton, dall'Isola di Natale a quella di Pasqua, e ci racconta storie misteriose e bizzarre. Storie di animali rari e di uomini strani, di schiavi naufraghi e solitari studiosi di scienze naturali, esploratori smarriti e folli guardiani del faro, naufraghi dimenticati e marinai ammutinati. Sono le storie di Robinson volontari e involontari che dimostrano che i viaggi più avventurosi si svolgono sempre nell'immaginazione, con il dito sulla carta.

NdA: oltre alla bontà dello scritto, anche la veste grafica è meravigliosa, come un’antica raccolta di carte nautiche. Questo si regala a chi ha ancora tante isole da scoprire


MAMMUTH

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Adelphiana 1963-2013 (Adelphi, 783 pagine illustrate, 35 sacchi)

La scheda: Nel 1971 venne pubblicato Adelphiana, una sorta di numero unico di una rivista che conteneva testi inediti di autori che negli anni successivi si sarebbero rivelati essenziali, da Thomas Bernhard a Aby Warburg, da Italo Calvino a Giorgio Manganelli, da Karl Kraus a Robert Walser, da Giorgio de Santillana a Edgar Wind. Oggi, nel cinquantesimo anno di Adelphi, riprendiamo quel titolo per un libro che si propone di attraversare con testi e immagini i più di duemila volumi pubblicati con questo marchio. Ne risulterà un paesaggio variegato e pieno di sorprese (testi nuovi di autori nuovi, testi poco conosciuti connessi a certi libri, immagini significative e rivelatrici), che corrisponde a quello che è stato da sempre il proposito della casa editrice: accogliere singolarità, tanto più preziose quanto più irriducibili.

NdA: qui siamo a un passo dal delirio bibliofilo schizoide. Questo tomo, dalla voluminosità imponente, ma dal prezzo abbordabile, è un sogno per ogni persona che ha costruito casa attorno alla libreria (e non viceversa). Un’opera monumentale, un monumento a una grande casa editrice.


LA TELEVISIÙN

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Domenica 24 novembre, Rete4, ore 4 (sì, insomma, stanotte)

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La visita (Italia, 1964, 100 minuti) di Antonio Pietrangeli con Sandra Milo, François PérierMario Adorf e Gastone Moschin

 

Dopo aver avuto un rapporto epistolare, un commesso di libreria romano va nel Ferrarese a far visita a una provinciale benestante e già sfiorita, desiderosa di una sistemazione matrimoniale. Durante il suo breve soggiorno l'uomo rivela la sua vera natura di meschino egoista reazionario. Tratto da un racconto di Carlo Cassola

NdA: Antonio Pietrangeli è, secondo il mio modesto parere, uno degli autori più trascurati del nostro cinema. Questo è uno spaccato di un cinismo raggelante, ma illuminato da un’interpretazione di Sandrocchia, perfetta nel ruolo. Grandissimi anche Adorf e Moschin che, ora che me ne accorgo, qui si incontrano otto anni prima di Milano calibro 9 e in tutt’altro contesto...


Lunedì 25 novembre, Raitre, ore 1.15

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L'immortale (Francia, 1962, 95 minuti) di Alain Robbe-Grillet con Guido Celano, Françoise Brion e Jacques Doniol-Valcroze

Storia del breve e misterioso amore di due stranieri a Istanbul. Lei si concede senza dire nulla di sé e muore in auto per schivare un cane. A lui toccherà simile sorte.

NdA: e non dite che vi ho rovinato il finale perché... oh, lo scoprirete guardandolo. E fatelo, mi raccomando: codesto film si è infilato in uno dei più classici gineprai legali cinematografici e, così, non è disponibile in digitale, dalla rete si scaricano copie vergognose, spero che questa sia una vecchia, ma pur sempre valida betamax della Rai, a meno che Ghezzi o qualcun altro abbiano fatto il miracolo, cosa che spero vivamente...


Venerdì 23 novembre, Raitre, ore 3.55

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La terra del desiderio (Svezia, 1947, 99 minuti) di Ingmar Bergman con Holger Löwenadler, Anna Lindahl, Birger Malmsten, Gertrud Fridh e Naemi Briese

Johannes è un marinaio che ritorna in patria dopo sette anni di viaggio e ritrova Sally, la ragazza che un tempo aveva amato e riaffiorano in lui tanti ricordi. Accortosi di amarla ancora glielo dichiara ma Sally lo respinge. Johannes cammina vagando sulla spiaggia e ripensa al passato...

 

 

NdA: ci sono film di Bergman che, secondo me, nessuno ha visto e chi li ha visti lo ha fatto in un tempo immemorabile. Tra l’altro ci sono film che nessuno ha visto e nessuno continuerà a vederli se persistono a ficcarli nei palinsesti nell'orario dei lupi mannari... Mentre invece Bergman sarebbe da vedere sempre alla domenica mattina, a mente lucida e a sonno smaltito...

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