Buona domenica,
albeggia su Los Angeles mentre giunge la notizia della dipartita di un maestro del cinema francese, Alain Resnais, nel fior degli anni suoi novantuno. In un mondo ideale, quindi, subito le emittenti dovrebbero rivedere tutti i loro palinsesti per inserire almeno Hiroshima mon amour e/o L’anno scorso a Marienbad. Staremo a vedere. Ma a Los Angeles se ne fregano: stasera alle 22.50 (ora italiana) ci hanno da assegnare gli Oscar. Siamo tutti qui a fare il tifo per La grande bellezza. Siamo tutti qui a fare il tifo per La grande bellezza? Personalmente ho il sospetto che vincerà Il sospetto, a meno che non sia prevalsa una voglia di italianità (e il film di Sorrentino, che ha i suoi bei detrattori, è, però, ineccepibilmente italianissimo anche se, personalmente, per la versione internazionale lo avrei accorciato di una bella oretta, magari riducendo la parte dedicata alla santa e togliendo gli imbarazzanti flashback, lasciando il ricordo alla narrazione senza visualizzarlo) (come si fece, tra l’altro, per Nuovo cinema Paradiso, misurato nel montaggio internazionale, eccessivo nella director’s cut). Vabbé, staremo a vedere: del resto ricordate quanti vantaggi hanno portato all’Italia le statuette di Mediterraneo e La vita è bella, no? No? Per quanto mi riguarda, ho un solo desiderio, temo irrealizzabile: un Oscar a Bruce Dern per Nebraska, ma anche per tutta una carriera vissuta ai margini della cinematografia (con qualche puntatina nel mainstream). Questo vecchietto che lotta contro l’incomprensione della sua famiglia e contro una società bastarda nel film, al Dolby Theatre se la vede con Christian Bale (che ha fatto assai di meglio di American hustle), DiCaprio (che non ha mai vinto ed è lì per farlo), Matthew McConaughey (che sennò cosa ha perso un terzo del peso a fare per Dallas buyers club? Personalmente, però, ho preferito il cameo breve, ma intenso, in The wolf of Wall Street) e Chiwetel Ejiofor, che si pija tante di quelle botte in 12 anni schiavo ed è abbastanza outsider in mezzo ai mostri sacri, da portarsi via il pupazzetto senza colpo ferire.
DISCORDANZE
TINARIWEN
Emmaar (Anti)
Innanzitutto, se non lo avete ancora fatto, correte ad acquistare il biglietto per il concerto di stasera (domenica) al Teatro Sociale di Como, perché non credo vi ricapiterà di ascoltare di nuovo una compagine siffatta in un ambiente così. Tinariwen, ovvero “quelli dei deserti”, sono tuareg, apolidi della musica, sempre in cerca di terra dove andare. Questa volta l’hanno trovata in California a Joshua Tree (sì, quello), per dare forma a un nuovo connubio di afro – jazz – rock – soul – beat. La loro è realmente world music, perché attinge, con dosaggi differenti, da più culture e da innumerevoli suggestioni. Emmaar, pubblicato un mese fa, è un nuovo tassello del viaggio nomade di questo collettivo. Imperdibile, disco e concerto.
BECK
Morning phase (Capitol)
Quando si dice essere eclettici. Beck Hansen è quello che, ormai (e pure ahimè) vent’anni fa, ha esordito contemporaneamente con tre dischi. Uno lo-fi, uno parapsichedelico e uno mainstream (ovvero Mellow gold, quello di Loser, prima pietra della costruzione del successo). Proponendosi immediatamente come uom dal multiforme ingegno, in vent’anni è andato dappertutto, dall’elettronica al soul, dalla canzone d’autore al rock, proponendo anche un divertissiment di lusso con il suo omaggio mensile a un disco storico (da non perdere i rifacimenti di Songs of Leonard Cohen e The Velvet Underground & Nico. Cliccando sui titoli arrivate alla pagina web di riferimento). Una produzione a ciclo continuo quasi degna di quella di due altri grandi eclettici discograficamente incontinenti, Zappa e Prince, ma c’era anche il rischio di fare come un altro smodato, Elton John. Beck si è preso una pausa, abbastanza lunga, prima di tornare con questa Morning phase. A 43 anni, alle spalle il furore giovanile, oggi è un artista dagli aromi folk d’altri tempi: questo disco si può collocare al fianco di quelli di Nick Drake, Shawn Phillips, Jon Mark, Bert Jansch e altri abili costruttori di architetture acustiche. La storia ci dirà se si è trattato solo di una fase (anzi, di una phase), a cui magari seguiranno quella del pomeriggio, della sera e della notte, o di un nuovo corso. Invece di darvene un assaggio, vi do proprio il disco visto che è stato lo stesso Beck a renderlo disponibile in streaming prima di pubblicarlo. Poi se vi piace...
https://www.youtube.com/watch?v=pot4bQTBLSg&feature=youtube_gdata_player
JORDI SAVALL - HESPÈRION XXI
Bal·Kan: miel & sang. Les cycles de la vie (Alia Vox)
Sapevate che “Balcani” è una parola composta che significa “miele e sangue”? Un nome assegnato dagli ottomani, durante la loro invasione nel XV secolo, testimonianza di un luogo di forti contrasti, anche musicali. Il nuovo “kolossal” di Savall (3 cd, un libro ricchissimo di foto e notizie) è un’indagine appassionata. Lascio a Jordi la parola: “Per realizzare il nostro programma, abbiamo invitato e lavorato con quaranta cantanti e musicisti di fedi diverse: musulmani, cristiani ed ebrei, provenienti da quattordici paesi differenti: Armenia, Belgio (Sinti), Bulgaria, Bosnia, Cipro, Spagna, Francia, Grecia e Creta, Ungheria, Israele, Marocco, Serbia, Siria, Turchia. Cantando come solisti o in complessi, essi interpretano un’ampia selezione di musiche tratte dalle numerose tradizioni ancora vive di quell’immenso mosaico di culture musicali che costituiscono i popoli dei Balcani e le loro diaspore zigane e sefardite. Per poterli ascoltare in un ordine poetico e ben strutturato, abbiamo ripartito canzoni e nuove musiche nei sei diversi momenti dei Cicli della vita e della natura”. Da avere assolutamente.
SPAGINATURE
PIER PAOLO PASOLINI – JON HALLIDAY
Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday (Guanda, 207 pagine, 14 sacchi)
Il cinema, il rapporto col cinema e col suo mondo è l’argomento principale di queste conversazioni tra il critico inglese Jon Halliday e Pier Paolo Pasolini. Halliday ritraccia con Pasolini l’intero suo percorso di regista, illustrandone la concezione del “cinema d’autore”, affrontando gli aspetti tecnici, analizzando le opere, chiarendo la posizione di Pasolini di fronte alla censura. Ma la ricchezza della personalità dell’intervistato, la curiosità dell’intervistatore, la varietà d’interessi di entrambi fanno sì che la conversazione spesso si dilati, si appropri di altri temi. Si aprono rapidi, vivissimi scorci su certi momenti della vita di Pasolini: gli anni giovanili, il Friuli, Bologna, la scoperta di Roma, il formarsi delle amicizie. Ma, soprattutto, si toccano gli argomenti che hanno destato, fuori e dentro l’opera letteraria, l’interesse e la passione di Pasolini: le questioni di lingua, la religione, il rapporto fra letteratura e ideologia, fra cultura e politica e fra Chiesa e cultura in Italia. Riscoprendo così un ardore intellettuale e civile capace di mettere a fuoco problemi sempre attuali nel nostro Paese.
NdA: ristampa recente di un classico d’obbligo. Leggendo alcune risposte di PPP, a parte la chiaroveggenza (frutto, in realtà, di un’analisi ancora più impressionante, con il senno di poi, del decorso possibile della società dell’epoca), sembra comunque di leggere l’intervista a un marziano se confrontata con quelle a sedicenti intellettuali odierni...
GIAN LUCA MARGHERITI
Lettere dall’inferno. La storia di Jack lo squartatore (Il nuovo Melangolo, 205 pagine, 14 sacchi)
Centovent'anni sono passati da quelle oscure notti londinesi, eppure Jack è più vivo che mai, nei casi di cronaca, nei delitti seriali, nella nostra immaginazione. Diventato quasi idea platonica dell’omicida feroce e seriale. È stato quello che per primo è riuscito a coinvolgere l’opinione pubblica nei suoi feroci delitti e sicuramente il primo a diventare un caso internazionale grazie al massiccio interessamento della stampa. Il primo a smuovere un’intera popolazione alla richiesta di protezione. Nelle nostre menti Jack lo squartatore rappresenta ancora quello che lo scrittore americano Christopher-Micheal Digrazia ha definito il “grande mistero vittoriano”. Una sorta di puzzle la cui soluzione è ormai impossibile da trovare, ma il cui premio è un piccolo tassello in più da aggiungere a quelli già presenti. Un gioco da investigatore da tavolino che ci riporta a un’altra epoca, a una Londra fumosa e oscura, agli anni dei primi passi di un altro investigatore, quello che abitava al 221b di Baker Street: Sherlock Holmes, che aveva debuttato solo un anno prima degli omicidi nel Christmas annual della signora Beeton, prima di trasferirsi sulla più nota rivista Strand.
DANIELE BARBIERI
Breve storia della letteratura a fumetti (Carocci, 200 pagine illustrate, 16 sacchi)
Uscita dall'infanzia visionaria e a volte ingenua dei suoi primi sessant'anni, la letteratura a fumetti ha raggiunto, nell'ultimo mezzo secolo, una maturità che a molti rimane ancora ignota. La sua storia racconta come un modo di comunicare nato per la società illetterata e multietnica degli Stati Uniti di fine Ottocento si sia progressivamente trasformato in un linguaggio raffinato e a volte difficile, in cui si esprimono sia autori che si rivolgono al grande pubblico sia autori d'elite. In America come in Giappone, in Argentina e in Europa, le istanze più diverse convergono nella letteratura a fumetti, dal teatro di piazza dei cantastorie, dalla vignetta satirica, dal racconto illustrato per bambini al cinema, alla pittura e alla narrativa di avanguardia. Questa nuova edizione, oltre a contenere un più ampio corredo iconografico, esplora autori e tendenze degli ultimi anni.
NdA: nuova edizione di un bel saggio di cinque anni fa, che indico soprattutto per rispondere a quelli che mi chiedono perché ogni tanto infili libri a fumetti nello spazio destinato ai libri...
EMITTENZE
Lunedì 3 marzo, Italia1, ore 3.30
Due amici (Italia, 2002, 90 minuti) di e con Spiro Scimone e Francesco Sframeli
Tratto da un lavoro teatrale dello stesso Scimone, il film mette in scena i due personaggi di Pino e Nunzio, siciliani emigrati in una città del Nord: i due, amici ma molto diversi tra loro, condividono lo stesso appartamento e un’esistenza apparentemente squallida. Il film si svolge senza una trama vera e propria in un susseguirsi di dialoghi ispirati al teatro dell’assurdo.
NdA: incredibile tutto. Incredibile che passi in tv questo piccolo capolavoro di intelligente minimalismo beckettiano cinematografico, ma incredibile anche che sia Italia1 a trasmetterlo anche se nel consueto, e assai meno incredibile, orario da assassini...
Martedì 4 marzo, La7, ore 21.10
Burke & Hare – Ladri di cadaveri (Gran Bretagna, 2010, 91 minuti) di John Landis con Simon Pegg, Andy Serkis, Isla Fisher, Jessica Hynes e Tom Wilkinson
“Questa storia è ispirata a fatti reali, tranne quelli che non lo sono”. Nella Scozia del primo Ottocento, l’Illuminismo europeo si rifrange all’interno di una società in cui il popolo si entusiasma di fronte alle esecuzioni sommarie di piazza e i medici davanti alle dissezioni dei cadaveri negli atenei. I due più importanti anatomisti di Edimburgo, il dottor Knox e il dottor Monroe, hanno approcci scientifici e appoggi politici alquanto diversi. Quando il più tradizionalista Monroe impiega le sue conoscenze per far emanare un'ordinanza che gli accorda l'utilizzo di tutti i cadaveri “freschi” di esecuzione, il dottor Knox si trova costretto a tenere le sue lezioni con i corpi in putrefazione sottratti dai profanatori di tombe. Ma alla domanda di un mercato in crisi risponde l'offerta fornita da William Burke e William Hare, due truffatori provenienti dall’Irlanda del Nord che dapprima vendono a Knox dei conoscenti morti per cause naturali e, successivamente, si improvvisano assassini seriali.
NdA: mentre su Canale5 passa con esagerato anticipo La grande bellezza, che tanto avete già visto, gustatevi questa commedia nerissima e inglesissima opera (sorpresa) dell’americanissimo John Landis che non azzeccava un film almeno da Il principe cerca moglie (che non è che fosse 'sto capolavoro, pure se era divertente)...
Mercoledì 5 marzo, Rai5, ore 15.45
Anna (Italia, 1951, 108 minuti) di Alberto Lattuada con Vittorio Gassman, Gaby Morlay, Raf Vallone, Silvana Mangano e Jacques Dumesnil
Divisa tra la passione erotica per Walter e l’attrazione sentimentale per Andrea, Anna, ballerina in un night-club di Milano, si fa suora in un ospedale quando il primo è ucciso dal secondo.
NdA: oltre a essere stato un enorme successo a livello internazionale, questo è anche il “film strano. C’era la Mangano che prima è suora, poi balla in mezzo...” di cui parla Nanni Moretti in Caro diario. E, soprattutto, c’è una Silvanona immensa mentre, appunto, canta del negro Zumbon que baila alegre el baion...
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