ALTERINCOM, VOL. XXII

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Buona domenica,

a proposito di brutto momento culturale, da oggi il conto alla rovescia per la scomparsa della Libreria del cinema di via Mentana si fa incalzante. L’ultima apertura è fissata per il 29 marzo, in questi giorni è in atto una svendita che dovrebbe fare la felicità dei cinefili, ma che in realtà rappresenta un momento di rara tristezza: è meglio pagare i dvd il giusto, ma avere un luogo dove andare a scovarli, dove poterne parlare, dove fare anche delle scoperte inattese. L’acquisto digitale non è il male, ma azzera quel senso di casualità e scoperta che da un senso a certe incursioni: titoli che giammai verrebbero in mente spulciando l’arido catalogo di un rivenditore on line e che, invece, occhieggiano da uno scaffale. E poi, con tutta la buona volontà, nessun programma ha ancora sviluppato la capacità di rispondere a domande come “cerco un disco di quello... di quello bravo, dai! Non ce l’hai? Dai quello bravo! Che canta da solo! Dai...” (sentita ieri a un banchetto di cd del mercatino lungo le mura. Per la cronaca si è capito poi che voleva un disco dei Modà)...

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DISCHITÀ

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NADA

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Occupo poco spazio (Santeria)

Confesso di nutrire una passione invereconda per Nada, che è andata acuendosi più o meno dei tempi, lontani - ma non remoti come quelli di Ho scoperto che esisto anch’io, il leggendario album scritto da Piero Ciampi – di Dove sei sei. Oggi è cantante, autrice, interprete, produttrice, lontana dal mainstream (ultimo tentativo Luna in piena, sprecata in un Sanremo di qualche anno fa). Pronta a collaborare con giovanotti ammirati, ha radunato attorno a sé un cast stellare per questo nuovo capitolo di un percorso fatto di ballate dolenti. Sono della partita Rodrigo D'Erasmo, Roberto D'Ellera, Tommi Colliva oltre a Enrico Gabrielli che è anche coproduttore assieme all’artista. Non aggiungo altro, vi pongo il singolo:

https://www.youtube.com/watch?v=0sUGPcBauoo


LINDA PERHACS

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Soul of all natural things (Asthmatic Kitty)

Innanzitutto correte a comprare (vabbé, a scaricare, non mi illudo più, anzi, questo è il link per ascoltarlo tutto: https://www.youtube.com/watch?v=iXBd-SjQxpQ) Parallelograms, album realizzato da questa dimenticata ragazza folk una quarantaquattrina di anni fa nell’indifferenza generale. Riscoperto, rivalutato, incensato (passando, in certi casi, all’eccesso opposto), quel disco ha fatto (ri)nascere un culto attorno a quella che oggi è una tranquilla “signora del canyon”, per dirla con Joni Mitchell. Ebbene, ci sono voluti solo 44 anni, ma oggi l’album numero due di Linda Perhacs esiste, lo ha pubblicato un’etichettina convinta che il nome “Micio asmatico” sia simpatico e porti clienti. Tutto richiama l’opera prima, a iniziare dalla posa di copertina, ma anche il sound dell’opera non ha nulla di moderno. Bellissima, anche migliorata, è la voce di questa artista che, anomala, che ora si trova, caso più unico che raro, ad avere realizzato due opere, due capolavori, una a 27, l’altra a 71 anni.


SHANE MACGOWAN & THE POPES

Live at Montreux 1995 (Eagle)

La notizia di queste ore è che i Pogues torneranno in Italia: è prevista una loro esibizione a Rock in Idro a Milano il prossimo 31 maggio. Bello dirlo a poche ore da San Patrizio, brutto dirlo ora che Phil Chevron non c’è più. E non si può non sottolineare come la resistenza dell’essere umano sia qualcosa di insondabile. Se n’è andato colpito dal classico “brutto male”, un cancro che lo ha consumato senza dargli speranza, mentre Shane MacGowan, candidato a morte certa per “overdose di rock’n’roll” (scegliete voi: cirrosi epatica? Overdose? Emorragia? Infezione? Setticemia? Cade ubriaco nel Liffey e affoga?) è vivo e vegeto anche se non si può dire che goda di una salute ottimale. Questo dischetto, arricchito anche da un dvd, lo ritrae in un periodo molto particolare della sua carriera. Licenziato dai Pogues che speravano, così, di aiutarlo a venire a patti con il suo alcolismo. Operazione fallito. Esule, come s’addice a un irlandese (anche se Shane è, accidentalmente, di Londra), fondò un altro gruppo, a mò di sberleffo fin dal nome quasi omofono. Sound più robusto, rock e meno folk, live energico, tassello mancante, viatico per un buon St. Patrick’s Day. Sláinte!


LIBRITÀ

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DEMETRIO PAPARONI

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Il bello, il buono e il cattivo (Ponte alle Grazie, 417 pagine illustrate, 26 sacchi)

In questo tour de force, Demetrio Paparoni, fra i più attenti osservatori dell’arte contemporanea, ricostruisce i profondi e spesso gravi condizionamenti che la politica ha esercitato sulle arti visive dell’ultimo secolo. Critica d’arte, analisi sociale, cronaca e storia vi convivono. Leni Riefenstahl è stata realmente una grande artista? In che modo l’arte di Picasso è stata funzionale ai disegni del partito comunista? Perché la Cia era interessata all’affermarsi dell’espressionismo astratto sulla scena mondiale e di New York come nuova capitale dell’arte? Cosa differenzia la politica culturale di Peggy Guggenheim da quella di François Pinault? Come funziona la censura sull’arte oggi in Cina? Questi sono solo alcuni degli interrogativi ai quali l’autore fornisce risposte.

NdA: risposte che possono far discutere, ma è una lettura affascinante per una storia diversa dell’arte del XX secolo e di questo primo scorcio di XXI...


JÜRGEN TRIMBORN

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Un giorno è un anno è una vita. Rainer Werner Fassbinder. La biografia (Il Saggiatore, 427 pagine illustrate, 35 sacchi)

Una vita di corsa, bruciata in appena trentasette anni votati al cinema passione e ossessione, musa e mentore, disperatamente inseguito e intensamente vissuto. E poi teatro, televisione, amore, sesso, uomini, donne, alcol, droghe... Regista radicale, outsider del Nuovo cinema tedesco, sceneggiatore precocissimo, teatrante geniale, attore dal talento multiforme, avversario di compromessi e soluzioni facili, Rainer Werner Fassbinder negli oltre quaranta film girati in soli tredici anni accetta il rischio di non piacere. Si fa dare dell'antisemita, dell'antifemminista, del detrattore della causa omosessuale pur di restituire un ritratto il più possibile autentico della sua realtà. La vita è per lui arte e storia: aggressività e violenza - componenti imprescindibili del privato - riflettono i conflitti che esplodono nella società, indici di un male tutto occidentale in un'Europa nettamente spaccata fra Est e Ovest. Fassbinder vuole scrivere un pezzo indimenticabile di storia del cinema e ci riesce. Combinando linguaggio formale e modalità narrative dei melodrammi e dei film gangster hollywoodiani, si confronta con il passato nazista, con il miracolo economico, con il terrorismo della Raf. Quella di Jürgen Trimborn è la prima biografia del cineasta tedesco. Trimborn ha raccolto le parole di Fassbinder e i ricordi dei suoi amici, ha setacciato ogni archivio per costruire un ritratto smisurato e trasgressivo che lascia parlare fatti, documenti e film.

NdA: questo, per quanto mi riguarda, è un libro necessario per raccontare un artista oggi alquanto rimosso. Secondo me quando uno è adolescente può appassionarsi a Wenders, rapito dalla poetica del Cielo sopra Berlino, dai sovrumani spazi di Paris, Texas, per poi andare a ritroso Nel corso del tempo. Ed è facile ritornare a questa giovinezza della visione. RWF, invece, si accosta assieme alla scoperta della politica, per schierarcisi a fianco, oppure contro, annegando nel mare magnum della sua sterminata produzione (in Italia, purtroppo, sono più i film che latitano che quelli disponibili). In seguito questo ricordo sembra affievolirsi, ma quando si riavvicinano titoli come Il matrimonio di Maria Braun, Veronika Voss, il mio prediletto Martha, o il fluviale Berlin Alexanderplatz si resta nuovamente rapiti. Ah, in questa evoluzione del rapporto con il nuovo cinema tedesco è chiaro che l’approdo della maturità è Herzog, con tutta una parte, in fine vita, da dedicare a Reitz, annullandosi in Heimat...


SHIGERU MIZUKI

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Enciclopedia dei mostri giapponesi (Kappalab, 504 pagine illustrate, 22 sacchi)

State per entrare in un mondo che non è né fiaba né leggenda. Potreste considerare questo, libro una sorta di "elenco degli avvistamenti", poiché si basa su narrazioni popolari e credenze, ma anche su antichi documenti ufficiali che spesso risultano più inquietanti di un racconto dell'orrore. Questa sorta di bestiario non raccoglie semplicemente le descrizioni delle creature mitologiche del Giappone, ma cerca piuttosto di metterci al corrente degli stati d'animo, delle situazioni e dei luoghi che le hanno partorite, in bilico fra luce e ombra, fra ciò che si sa e non viene detto per timore e ciò che non si sa ma si vorrebbe scoprire. Per gustare queste pagine è sufficiente liberarsi di alcuni preconcetti e lasciarsi guidare in un mondo in cui, per esempio, un oggetto o un animale ottengono il potere di evolversi in creature mostruose se superano una certa età, un certo peso o una certa dimensione; in cui i cani-procione sono i detentori dell'arte della metamorfosi e le volpi hanno abitudini e cerimonie simili a quelle degli esseri umani; un mondo in cui una lanterna stregata può farti perdere la via, o in cui puoi morire dal terrore per aver visto il volto ghignante di una vecchia che lava i fagioli in un fiume; un mondo in cui chiedersi costantemente se ciò che abbiamo visto è reale o il frutto della nostra immaginazione, della nostra paura del buio, della nostra repulsione per lo sporco, della nostra diffidenza per il diverso.

NdA: un po’ di folklore dal Sol Levante...


TELEVISIVITÀ

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Martedì 18, Raistoria (canale 54), ore 21.15

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La voce Stratos (Italia, 2009, 110 minuti) di Luciano D’Onofrio e Monica Affatato

Demetrio Stratos ha attraversato come una cometa luminosa la scena della musica italiana degli anni sessanta e settanta, lasciando una traccia indelebile nei suoi fan e nelle decine di musicisti che lo hanno seguito. La sua morte inaspettata nel 1979, a soli trentaquattro anni, lasciò un vuoto mai più colmato nel mondo della creazione artistica italiana. Stratos è stato figura politica, interprete di un movimento rivoltoso e fantasioso, che ha trovato il suo culmine nei concitati mesi del 1977 appena prima che tutto si trasformasse in violenza. Le sue canzoni, titoli come Gioia e rivoluzione, Elefante bianco, Luglio, agosto, settembre (nero) senza minimamente concedere alle facili melodie della canzonetta italiana, sono diventati per una generazione inni di impegno e di vita. Come nessun altro autore di canzoni italiano, Stratos ha saputo imprimere alla sua arte (e alla sua leggendaria vita) il senso del tempo, la misura della storia che correva nelle strade delle città europee di quegli anni. Questo completo documentario, che riproduce per la prima volta filmati di repertorio familiare, restituisce la pienezza di un artista che, lo veniamo scoprendo in questi anni, è stato uno dei più grandi “musicisti della voce” del Ventesimo secolo.

NdGS: canto per te che mi vieni a sentire, suono per te che non mi vuoi capire...


Mercoledì 19, Raimovie (canale 24), ore 0.35

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Nitrato d’argento (Italia, 1996, 88 minuti) di Marco Ferreri con Iaia Forte, Sabrina La Loggia, Marc Berman e Eric Berger

Il film ripercorre la storia e l'evoluzione (sia tecnica che artistica) del cinema.Vi è quindi una rassegna dei vari progressi tecnologici e dei generi( il cinema muto, l'avvento del sonoro, l'uso del colore, i generi (dal classico western ai primi grandi comici, dalla commedia ai film d'autore fino ai film sociali, ai film di guerra, ai film "politici", ai documentari, al film musicale, alla lirica, alla fantascienza). Vi sono anche molti accenni ai cambiamenti culturali nel corso del ventesimo secolo. Il titolo fa riferimento ai composti chimici presenti una volta nelle pellicole.

NdA: ultimo film di Ferreri, autore oggi rimosso e pochissimo conosciuto dalle nuove generazioni (anche tra i pochi cinefili in erba), omaggio appassionato all’arte di una vita... A tutt’oggi non è disponibile in dvd...


Venerdì 21, Raicinque (canale 23), ore 21.15

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Sugar man (Svezia / Gran Bretagna, 2012, 86 minuti) di Malik Bendjelloul con Stephen Segerman, Dennis Coffey, Mike Theodore, Dan Dimaggio, Jerome Ferretti e Rodriguez

I primi anni Settanta del rock americano sono una stagione che definire memorabile è riduttivo, per quantità e qualità di offerta musicale: l’onda lunga dei Sessanta mescolata alle diramazioni rivoluzionarie che verranno, l’album che si afferma definitivamente sul singolo, i generi che cominciano a mescolarsi in ibridi sempre più suggestivi. Una stagione talmente aurea da costare il semi-anonimato per talenti tutt’altro che trascurabili: gente come Bruce Palmer, Shuggie Otis o Sixto Rodriguez. La parabola di quest’ultimo, però, è così carica di curiosità e sfortunate vicissitudini da meritare un discorso à rebours, che porta a un documentario che diviene dapprima un caso e in seguito un Oscar (per una volta) indiscutibile.

 

NdA: per chi si fosse perso questo straordinario documento, ma anche per chi accorrerà ai primi concerti di Rodriguez in Italia...


 

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